Il Dipartimento della Funzione Pubblica, con parere n. 103321 del 24 marzo 2022, si è pronunciato sul quesito sottoposto dal Comune di Rimini sull’interpretazione delle disposizioni introdotte dall’articolo 3 del decreto legge 80/2021, come convertito dalla legge 113/2021, che ai commi 7 e 7-bis hanno modificato l’articolo 30 del D.Lgs. n. 165/2001 sul passaggio diretto di personale ad altra amministrazione (c.d. “mobilità volontaria” o concordata”) e, al comma 7-ter, hanno confermato per i dipendenti neo assunti presso gli enti locali l’obbligo di permanenza nella sede di prima assegnazione per almeno cinque anni.
La Funzione Pubblica preliminarmente ritiene che ci sia un “apparente antinomia” tra le previsioni di cui all’articolo 30, comma 1, secondo periodo del D.Lgs. n. 165/2001 e l’art. 3, comma 7-ter, del decreto legge n. 80/2021, in quanto le predette disposizioni operano su piani distinti e diversi.
L’eliminazione, a determinate condizioni, dell’assenso da parte dell’ente per la mobilità volontaria in uscita, discende dal recepimento di accordi assunti in sede europea per la semplificazione e l’incentivazione dei trasferimenti di personali in mobilità , mentre l’obbligo di permanenza nella sede di prima assegnazione per almeno 5 anni è una misura organizzativa atta a garantire le esigenze funzionali che hanno determinato la rilevazione del fabbisogno professionale da parte dell’amministrazione e la conseguente attivazione delle procedure di reclutamento.
Quindi l’obbligo di permanenza nelle sedi di prima destinazione non ha ragione di operare qualora l’amministrazione rilevi che il trasferimento di personale in mobilità volontaria non determini conseguenze negative sulla organizzazione dell’ente stesso.
La corretta interpretazione della norma esclude che da essa possa inferirsi l’esistenza di vincoli automatici e paralizzanti per l’amministrazione sia durante sia dopo il periodo di permanenza del personale nella sede di prima destinazione