“D. Lgs. 28-2015- Non punibilità reati minori per la tenuità del fatto”. di Michele Pezzullo

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Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 13 marzo 2015, nel rispetto della legge 67/2014, recante delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di  depenalizzazione con riforma del sistema sanzionatorio, ha approvato il D. Lgs. n. 28/2015[1], entrato in vigore il 2 aprile scorso, già noto come norma sulla “non punibilità per particolare tenuità del fatto”.

Il decreto ha introdotto nel Codice penale il nuovo articolo 131-bis  che ha stabilito:

Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate  ai  sensi  dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.

               L’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona.

               Il comportamento è abituale nel caso in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.

               Ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto  speciale. In quest’ultimo caso ai fini dell’applicazione del primo comma non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all’articolo 69.

               La disposizione del primo comma si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante”.

            Esclusione, dunque, della pena per alcuni reati minori puniti con una pena che prevede un massimo edittale di cinque anni, ovvero sanzioni pecuniarie, o ancora per particolari casi che, di seguito, andremo ad esaminare.

Tutto ciò soltanto se le condotte tenute dal trasgressore sono contraddistinte da particolare tenuità dell’offesa e dalla non abitualità.

Tale disposizione è entrata immediatamente in vigore senza la previsione di norme transitorie, con l’obiettivo della revisione del sistema sanzionatorio penale e della riduzione del numero dei processi pendenti per reati di lieve gravità ed infine evitare la punibilità di quei comportamenti illeciti per i quali l’offesa non è così grave da far scattare la sanzione penale.

I criteri per individuare il principio di “particolare tenuità del fatto” sono la “particolare tenuità dell’offesa ed il comportamento non abituale”, che consentono al magistrato di non procedere alla punibilità del fatto illecito laddove è prevista “la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta”.

Va, comunque, osservato che la non punibilità dell’imputato non è soggetta ad alcun automatismo, ma verrà adottata dal magistrato che dovrà tener conto e valutare le “modalità della condotta” e la “esiguità del danno o del pericolo” e accertarsi della “non abitualità del comportamento”. Il soggetto autore dell’illecito non dovrà, quindi, aver commesso altri reati della stessa indole, ne essere un delinquente abituale, professionale o per tendenza, ovvero nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali o reiterate.

Il nuovo istituto, come innanzi già detto, si applica per la maggior parte dei delitti per i quali è prevista una pena, nel massimo edittale, non superiore a cinque anni, ovvero sanzioni pecuniarie; tra questi ricordiamo l’abuso d’ufficio, l’oltraggio a pubblico ufficiale, ingiuria, diffamazione, percosse, violazione di domicilio, furto semplice, lesioni colpose, rissa ed altri.

Resta escluso dall’applicabilità dell’istituto, ai sensi del comma 2 del decreto, l’imputato che ha agito “per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali” ovvero abbia “adoperato sevizie”, o, ancora, abbia “profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa” o la sua condotta ha causato o dalla stessa condotta siano derivate, “quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona”.

Il Decreto legislativo ha, inoltre, modificato anche  l’art. 411 del codice di procedura penale, introducendo il comma 1-bis, ove è stabilito che se viene richiesta l’archiviazione del procedimento penale per particolare tenuità del fatto, prima di arrivare al giudizio, il P. M. dovrà darne avviso alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa.

Questi ultimi, nel termine di dieci giorni, possono prendere visione degli atti e presentare opposizione in cui indicare, a pena di inammissibilità, le “ragioni del dissenso”rispetto alla richiesta di archiviazione.

Il GIP (giudice per le indagini preliminari), se l’opposizione è ammissibile, dopo aver sentito le parti, se accoglie la richiesta provvede con ordinanza chiedendo al pm di effettuare ulteriori indagini. Qualora non venisse presentata alcuna opposizione, oppure se la stessa fosse inammissibile, il giudice accoglie, con decreto motivato, la richiesta di archiviazione formulata dal P. M.

Qualora lo non dovesse accogliere la richiesta, il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero chiedendogli di formulare l’imputazione entro 10 giorni, ai sensi dell’articolo 409, comma 5,C. P. P.

Vi è, inoltre, da evidenziare che l’archiviazione o il proscioglimento, per non punibilità del fatto, avranno comunque la conseguenza dell’inserimento nel casellario giudiziario dei provvedimenti adottati a carico dell’imputato per 10 anni, atteso che resta accertata la commissione di un illecito penale, ancorchè non punito, al fine di evitare che allo stesso, in caso di reiterazione, possa essere concessa nuovamente la possibilità di fruire del beneficio in argomento. Dopo i 10 anni l’iscrizione verrà cancellata.

 Si sottolinea, infine, che la sentenza di proscioglimento non impedisce al soggetto leso di chiedere in un giudizio civile l’eventuale risarcimento per i danni patiti, avvalendosi proprio della stessa sentenza come prova. 

 

C. te a. r. Dr. Michele Pezzullo

 



[1]Decreto legislativo 16 marzo 2015 n. 28, recante “Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera m.) della legge 28 aprile 2014 n.67”; in G. U. n. 64 del 18 marzo 2015.

 

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