Quando l’intollerante pensa che tutto sia risarcibile, finisce deriso perfino dalla Sezioni Unite della Cassazione n°13568/2015.

0
9

Non posso dire che la cosa mi lasci, come automobilista, del tutto indifferente; in fondo anche io che sono meridionale e, per genetica sostituzione, tollerante, provo un minimo di tensione quando devo anticipare il lavavetri con un colpo di tergicristalli per dissuaderlo dal farmi un servizio che non desidero, tuttavia posso dire che la presenza delle persone che chiedono l’elemosina al semaforo non è esattamente in cima alla lista dei miei problemi o delle mie quotidiane preoccupazioni.

Meno problemi di me, ovvero maggiore sensibilità (non voglio mai credere furbizia esistenziale tipicamente –per ingiusto luogo comune- affibbiata ai meridionali) a tale fenomeno, deve avere quell’automobilista di Udine che ha chiamato in causa il comune di Udine per avergli causato un danno esistenziale (quantificato in via equitativa in Euro 2.500), per non aver adeguatamente arginato la presenza di mendicanti agli incroci cittadini.

Pare, in buona sostanza, che il nostro automobilista (fragile di nervi o intraprendente raspollatore, non saprei dire) avesse lamentato, innanzi al giudice di pace competente, un danno esistenziale “per il disagio e l’ansia che gli sarebbero derivati dalla “pratica di pedoni ben vestiti e ben pasciuti, anche deambulanti con stampella/e, muniti di cartello, marsupio e berretto” che, all’altezza dell’impianto semaforico esistente all’incrocio tra viale (OMISSIS) e viale (OMISSIS), da oltre un anno erano soliti chiedere denaro agli automobilisti. A tal fine, l’attore ha addebitato al convenuto, quale ente proprietario della strada, di non avere adottato, ai sensi dell’art. 14 C.d.S. (Poteri e compiti degli enti proprietari delle strade), misure idonee ad impedire o far cessare questi comportamenti “molesti”, oltre che “pericolosi per la circolazione”.

Il Comune di Udine, verosimilmente intento a non farsi incastrare da una manovra giudiziaria insidiosa, si è costituito in giudizio contro il nostro automobilista infastidito dal mondo circostante, ed ha eccepito –in via preliminare- il difetto di giurisdizione del del giudice adito.

Tanto il giudice di prime cure quanto quello dell’appello, confermavano l’insussistenza della giurisdizione del G.O.

Non appagato da tali esiti (2012 primo grado- 2013 appello), l’intollerante automobilista arrivava al soglio della Suprema Corte.

“Le censure articolate muovono dalla premessa che i “pedoni che domandano (con insistenza) soldi sulla strada comunale” siano equiparabili “al tronco caduto sull’asfalto e perciò (…) fuori posto rispetto al diritto di circolare dell’automobilista ricorrente”, di talchè il Comune sarebbe “tenuto alla materiale attività di sgombero della carreggiata da tali pericoli/insidie per garantire la sicurezza e la fluidità del traffico”. Si tratta di una premessa erronea, essendo del tutto priva di fondamento l’equiparazione, tra cose ingombranti e lavavetri all’incrocio o al semaforo, che il ricorrente prospetta rivendicando il diritto all’ordine nelle strade in nome di uno spazio di viabilità asettico. Quando, infatti, viene in rilievo un’attività umana espressione di una forma di mendicità e di una “semplice richiesta di aiuto” (Corte cost., sentenza n. 519 del 1995) proveniente da chi si trova in condizioni di povertà, non è pertinente il richiamo al dovere dell’ente proprietario della strada di porre in essere una attività materiale, un mero comportamento di “pulizia delle strade”, come recita l’art. 14 C.d.S.. E’ infatti in gioco un ambito in cui l’azione amministrativa, pur indirizzata alla tutela di beni pubblici importanti (l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana), deve muoversi nel necessario rispetto della dignità della persona umana e dei diritti degli “ultimi”, essendo destinata a risolversi in prescrizioni di comportamento, divieti, obblighi di fare e di non fare, che impongono comunque, in maggiore o minore misura, restrizioni a coloro che ne sono destinatari”.

Da qui la conclusione (Cass. civ. Sez. Unite, 02/07/2015, n. 13568) che in ordine all’esercizio (o mancato esercizio) dei poteri contingibili ed urgenti, che la legge affida al sindaco nelle funzioni di competenza statale al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana (nella fattispecie rappresentati dalla presenza, all’incrocio di una strada, di persone intente a chiedere le elemosine), non si configura una posizione di diritto soggettivo in capo all’automobilista che percorre la strada comunale. Si ravvisa, dunque, una posizione di interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che, ai sensi dell’art. 7, comma 4, c.p.a. (D.Lgs. n. 104 del 2010), sono attribuite alla giurisdizione generale di legittimità di tale giudice le controversie relative ad atti, provvedimenti od omissioni delle Pubbliche Amministrazioni, comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi ed agli altri diritti patrimoniali consequenziali, pur se introdotte in via autonoma.

Definita la giurisdizione il dato finale (salvo ricominciare innanzi al TAR la contesa) è il seguente: il danno esistenziale vantato era di 2.500; la condanna alle spese del ricorrente è stata fissata in Euro 2.200. In fondo, tra pretesa di avere e obbligo di dare, siamo molto vicini…

Pino Napolitano

P.A.sSiamo

Pubblicità

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui