Nessun risarcimento se le lesioni non sono suscettibili di accertamento clinico strumentale

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giudici della quinta sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26249 del 16 ottobre 2019, hanno ritenuta legittima la decisione del giudice di merito che aveva rigettato la richiesta di risarcimento danni in quanto si era rivelato impossibile liquidare il danno lamentato, poiché le lesioni non erano suscettibili di accertamento clinico strumenta/e obiettivo.

IL CASO

Il trasportato su un veicolo conveniva dinanzi al Giudice di Pace di Afragola il conducente e la sua società di assicurazione, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza di un sinistro stradale occorsogli mentre era trasportato sul veicolo condotto dal convenuto. L’attore sosteneva che il sinistro si era verificato a causa di un tamponamento da parte di un altro mezzo non identificato, perché allontanatosi subito dopo il fatto. Il Giudice di pace accoglieva la richiesta ritenendo, però, che il danno patito dall’attore era consistito solamente in due giorni di invalidità temporanea, pregiudizio che liquidò nella somma di 100 curo. Anche il Tribunale di Napoli Nord, davanti al quale era stato interposto appello, rigettava il gravame osservando che era impossibile liquidare il danno lamentato, poiché le lesioni dichiarate non erano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo. Anche avverso la decisione d’appello l’attore proponeva ricorso per cassazione.

LA DECISIONE

Gli Ermellini rigettano il ricorso ritenendo che l’accertamento dei micro-danni alla salute causati da sinistri stradali deve avvenire con l’applicazione rigorosa dei criteri insegnati dalla medicina legale, rifuggendo tanto dalle appercezioni intuitive del medico-legale, quanto dalle mere dichiarazioni soggettive della vittima. La Corte ha inteso condividere l’opinione del consulente tecnico, nominato dal Giudice di pace, secondo cui era “impossibile” determinare l’esistenza di postumi permanenti. In relazione a questa affermazione, il richiamo compiuto dal Tribunale all’art. 32, comma 3 quater, del decreto-legge 1/12, appare ultroneo ed irrilevante nella motivazione della sentenza impugnata. Infatti un danno di cui sia impossibile stabilire non già il suo esatto ammontare, ma la sua stessa esistenza, è per ciò solo un danno irrisarcibile. Rectius, non è nemmeno un danno in senso giuridico. Definire pertanto la categoria del danno biologico come quello suscettibile di accertamento medico legale vuoi dire che per predicarsi l’esistenza stessa, e non la mera risarcibilità, di tale pregiudizio occorre che esso sia dimostrabile non già sulla base di mere intuizioni, illazioni o suggestioni, ma sulla base di una corretta criteriologia accertativa medico-legale. Essa ricorre altresì all’analisi della vis lesiva, all’analisi della sintomatologia, all’esame obiettivo, alla statistica clinica. Un corretto accertamento medico-legale, pertanto, potrebbe pervenire a negare l’esistenza d’un danno permanente alla salute (o della sua derivazione causale dal fatto illecito) anche in presenza di esami strumentali dall’esito positivo.

Corte di Cassazione, V sezione Civile, ordinanza n. 26249 del 16 ottobre 2019

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