Abolizio criminis implicita dell’articolo 323 cp, a seguito di innalzamento delle soglie per l’affidamento diretto.

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Abolizio criminis implicita dell’articolo 323 cp, a seguito di innalzamento delle soglie per l’affidamento diretto.

La modificazione della norma extrapenale richiamata dalla disposizione incriminatrice esclude la punibilità del fatto precedentemente commesso se tale norma è integratrice di quella penale (oppure ha essa stessa efficacia retroattiva) (Sez. U, n. 2451 del 27/09/2007, dep. 2008, Magera, Rv. 238197).  A tal fine, la Cassazione ha precisato che “l’indagine sugli effetti penali della successione di leggi extrapenali va condotta facendo riferimento alla fattispecie astratta e non al fatto concreto, sicché non basta riconoscere che oggi il fatto commesso dall’imputato non costituirebbe più reato, ma occorre prendere in esame la fattispecie e stabilire se la norma extrapenale modificata svolga in collegamento con la disposizione incriminatrice un ruolo tale da far ritenere che, pur essendo questa rimasta letteralmente immutata, la fattispecie risultante dal collegamento tra la norma penale e quella extrapenale sia cambiata e in parte non sia più prevista come reato”, con l’effetto di ricondurre il fenomeno della “successione mediata” ad una abolitio criminis parziale”. A fronte della oggettiva difficoltà di distinguere le norme extrapenali integratrici da quelle che incidono soltanto su presupposti fattuali, senza attingere al disvalore del fatto, spetta al giudice il delicato compito di verificare – anche considerando i beni tutelati – se l’elemento normativo interessato dal mutamento legislativo rivesta, nell’economia complessiva della fattispecie penale nel quale è inserito, un ruolo tale per cui il suo venir meno si riflette sulla stessa offensività del reato, negandola. Ciò accade, tipicamente, nel caso di “norme integratrici”. Si verificherà, dunque, sempre un fenomeno di successione mediata, ad esempio, nel caso, ricordato dalle stesse Sezioni Unite, in cui sia depenalizzato o decriminalizzato il reato-fine di una fattispecie associativa. Una successione mediata si realizzerà, inoltre, là dove una riforma legislativa produca riflessi su una norma definitoria che compare nella fattispecie penale, mutandone radicalmente il contenuto, o, ancora, quando ci si trovi al cospetto di una “norma penale in bianco”, e cioè di una disposizione che si limita a comminare la sanzione e rinvii, quanto all’individuazione del precetto, ad altra fonte normativa, appunto, interessata dalla novazione legislativa. In quest’ultima tipologia di situazioni della modifica della soglia entro cui è legittimo procedere all’affidamento diretto di un appalto. Avendo, infatti, l’art. 323 cod. pen. la struttura di una norma -prevalentemente – in bianco, la condotta può essere identificata soltanto mediante il riferimento alla violazione di leggi concernenti il comparto della pubblica amministrazione, sicché la legge extra-penale finisce con il riempire di senso il precetto penale. Ne consegue che la modificazione della legge la cui violazione è richiesta dal tipo legale dell’abuso d’ufficio reagisce immediatamente sul giudizio di disvalore espresso mediante la posizione della fattispecie: nella vicenda concreta, facendolo venir meno.

Da qui, possiamo parlare di parziale abolizione (implicita) dell’abuso d’ufficio conseguente all’innalzamento delle soglie per l’affidamento diretto, in quanto, all’innalzamento, ad opera del nuovo Codice degli appalti, delle soglie entro le quali è consentito procedere ad affidamenti diretti di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, consegue il venir meno del reato di abuso d’ufficio che sia stato eventualmente contestato ratione temporis per l’aggiudicazione, non preceduta da procedura ad evidenza pubblica, di commesse che post novella risultino di valore contenuto entro le rimodulate soglie (Cass. pen. Sez. VI, Sent., 19 aprile 2024, n. 16659).

 

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