aborto colposo: cosa accade in caso di investimento di donna in gravidanza

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Investimento mortale di pedoni: a causa del sinistro, l’automobilista cagiona anche un aborto colposo. Come operare?

Il sinistro ha avuto la seguente dinamica: : l’autovettura percorreva, lungo il margine sinistro della carreggiata, una strada a doppio senso di circolazione, a due carreggiate separate, una per ogni senso di marcia), quando, giunto all’altezza di un palo dell’illuminazione pubblica, investiva con la parte anteriore sinistra del veicolo due pedoni (madre e figlio), che stavano attraversando la carreggiata, benché in loco insistesse apposito sottopassaggio pedonale, con direzione di movimento da destra verso sinistra, rispetto alla direzione di marcia del veicolo; in forza all’urto ricevuto, entrambi i pedoni venivano proiettati in avanti, terminando la loro traiettoria nello spazio insistente tra due barriere in cemento armato di tipo “New Jersey”, poste al centro della strada, per dividere le due carreggiate. Soccorsi e trasportati presso l’Ospedale, entrambi i pedoni decedevano poco dopo l’investimento in seguito ad un “complesso traumatismo contusivo produttivo di lesioni scheletriche e viscerali multiple”.

Il conducente del veicolo veniva quindi indagato per il reato di omicidio colposo e del delitto di cui all’articolo 17, comma 1, legge 194/1978, poiché, nelle medesime circostanze di luogo, di tempo e con le medesime modalità, cagionava all’investita, per colpa, l’interruzione della gravidanza, in quanto, in seguito all’investimento, il feto da lei portato in grembo decedeva per un “complesso traumatismo contusivo produttivo di emorragia subaracnoidea, lesioni polmonari, lesioni cardiache ed epatiche, nonché distacco completo di placenta”, e veniva estratto dall’utero già morto, con taglio cesareo di emergenza, dai sanitari dell’ospedale.

Il reato di cui all’articolo 17, comma 1, legge 22 maggio 1978 n. 194 in materia di interruzione della gravidanza, punisce con la reclusione da tre mesi a due anni il procurato aborto colposo, ovvero “chiunque cagiona ad una donna per colpa l’interruzione della gravidanza”.
Si tratta di un reato comune, punito a titolo di colpa, che si realizza quando il colpevole provoca l’interruzione della gravidanza, in qualunque epoca del suo decorso, cagionando la perdita del prodotto del concepimento, senza che abbia rilievo, qualora risulti dimostrato il rapporto causale tra la condotta colposa e l’interruzione della gravidanza, che l’aborto sia stato interno (con ritenzione nell’utero) o esterno (con espulsione).
L’interruzione colposa della gravidanza è, dunque, la conseguenza di una condotta illecita che abbia i caratteri della colpa e da cui derivi, come evento non voluto ma prevedibile ed evitabile con un comportamento diverso, l’aborto.
Per l’esistenza di tale reato -secondo la dottrina- è indifferente che la gravidanza sia conosciuta o colposamente ignorata dal colpevole.
In tale figura di reato la colpa può cadere su tutti gli elementi del fatto tipico, commissivo od omissivo, ovvero sui presupposti (la circostanza che la donna sia incinta), sull’oggetto del reato o sulla condotta.
Nel caso che ci occupa, indiscusso il carattere colposo della condotta di guida, il thema decidendi attiene al giudizio di prevedibilità che, in quel determinato contesto di tempo e di luogo, potesse essere presente una donna incinta.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25552, del 23 maggio 2017, ha ritenuto fondata la doglianza della difesa dell’imputato relativa all’inadeguatezza della risposta motivazionale in punto di elemento soggettivo del reato fornita dal provvedimento impugnato, che “liquida” la specifica doglianza con l’affermazione secondo cui era “…peraltro prevedibile, in quanto del tutto probabile, che una donna in età giovanile che attraversi la strada possa essere incinta”.
Non è dato di sapere, infatti, a quale massima di esperienza, calata nel caso concreto, il collegio giudicante il gravame del merito ancori tale dato probabilistico. In realtà, invece, dall’esame delle sentenze di merito non emerge esservi alcun elemento noto (quale potrebbe essere stato, ad esempio, se l’incidente fosse avvenuto nelle immediate adiacenze di un ospedale o di una clinica o di uno store che vendesse prodotti per la prima infanzia) da cui possa inferirsi tale giudizio probabilistico.
L’imputato deve essere mandato assolto perché il fatto non costituisce reato.

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