Se a cominciare dalla Polizia Stradale, con riguardo all’intera rete autostradale (Tutor, SicVe, Vergilius, autovelox, etc), passando poi per tutte le Polizie Municipali, in omaggio alla sentenza RG 10505/2024, si generasse la paralisi totale dell’accertamento delle violazioni all’articolo 142 del Codice della Strada, sarebbero contenti i cittadini italiani?
Scrivere dei misuratori di velocità, sostenendone l’utilità per la sicurezza stradale costituisce occasione per guadagnare critiche sperticate da parte dei detrattori di questi strumenti di accertamento delle violazioni stradali, considerati: “affamatori di popolo propalatori di truffe ai danni degli automobilisti”.
Nonostante io sia consapevole della cattiva sorte mediatica che incontrerà questo scritto, senza alcuna pretesa di esaurire un tema complesso rispetto al quale sussiste un’evidente tensione sociale, voglio porre alcune questioni, a valle della (molto commentata) sentenza della Corte di cassazione RG 10505 del 18 aprile 2024.
La sentenza preferisco allegarla. Così eviterò di tratteggiarne i passi salienti, mettendo fin da subito il lettore interessato in condizione di leggerla personalmente facendosene un’idea.
Invero, l’iniziativa del Comune di Treviso (di ricorrere in Cassazione su un crinale molto debole) avverso una soccombenza ripetuta per i due gradi del giudizio di merito, potrebbe essere considerata figlia dell’ingenuità (esiste una certa scuola di pensiero che tende ad evitare di prendere una “scoppola” in sede di Legittimità, quando il merito delle proprie ragioni è debole); tuttavia, a mio modo di vedere, l’ingenuità è figlia del coraggio e coraggioso è stato il tentativo di far confluire l’opinione dei giudici sul solco tracciato da una circolare del MIT; circolare brutalizzata ed incenerita dal Collegio che ha fatto un’interpretazione piana dello stato confuso delle cose.
Stato confuso e raccogliticcio delle cose che vige, da decenni su questo argomento.
La Sezione, che ha pronunciato la sentenza allegata, potrebbe essere facilmente criticata da chi possa pensare che le sue argomentazioni siano andate troppo per il sottile. In fondo, i giudici potevano calarsi nella realtà e “salvare” un sistema malconcio, nel quale il legislatore ed i ministeri hanno un poco apprezzabile atteggiamento di peristalsi decisoria.
Tuttavia, trovo estremamente ingiusto e fuorviante criticare gli estensori della sentenza in parola, che altro non ha fatto che interpretare la legge, nel solco dell’ortodossia lapalissiana dell’ermeneutica giuridica (vale a dire, non hanno dovuto inventare nulla, stava tutti scritto nelle norme vigenti). Buona parte della Nazione si lamenta dell’ingerenza dei Giudici nelle azioni di spettanza del potere legislativo o esecutivo. Stavolta i Giudici si sono messi semplicemente ad osservare la confusione che regna e non hanno voluto “mettere una pezza”. Cosa c’è di male? Nulla, in un mondo normale.
Adesso restano i cocci.
C’è da capire cosa si deve fare con tutti i misuratori di velocità attivi sul territorio nazionale, in gestione non solo ai “comuni affamatori di cittadini”, ma anche alla salvifica Polizia Stradale.
Nessuno di essi è omologato; tutti sono banalmente approvati.
Si spegneranno tutti in attesa di un singulto del Parlamento?
Qualche Ministero dirà a tutti (cittadini ed operatori) cosa fare?
Per adesso, tutto tace.
Nel frattempo… qualcuno si sentirà libero di correre impunemente, perché -purtroppo- il cretino è sempre in agguato e non abbiamo dubbi in merito al fatto che saranno non pochi gli automobilisti stupidi che festeggeranno correndo….
Per intanto, un consiglio a tutti gli operatori di Polizia Stradale: ritornate tutti al sano, vecchio, umano e spettacolare articolo 141 del Codice, senza ausilio di sistemi elettronici a supporto, con la saggia osservazione dell’uomo in divisa, che coglie e sanziona, una velocità non adeguata.
Buongiorno,
ma perché tutti o quasi la chiamate sentenza visto che è una ordinanza ?
Comunque, in sostanza è la stessa cosa. Con la riforma del rito civile innanzi alla cassazione nel 2016, quando non c’è discussione orale e si procede con il rito camerale, la forma dell’atto e’ un’ordinanza. Quando c’è discussione pubblica e’ sentenza. Solo che per non far confondere quanti hanno poca dimistichezza del cpc (potrebbero pensare che si tratti di un richiamo alla forma degli atti tra ordinanza e sentenza) nel ritenere che l’ordinanza di cui trattiamo in questo caso sia un atto non definitivo. Invece è definitivo, come una sentenza.