Continuità tra millantato credito e traffico di influenze illecite.

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La Sesta sezione della Corte di cassazione (sezione VI, sentenza n. 17980 30/04/2019) ha affermato che sussiste continuità normativa tra la fattispecie di millantato credito, formalmente abrogata dall’art. 1, comma 1, lett. s), legge 9 gennaio 2019, n. 3, e quella di traffico di influenze di cui all’art. 346-bis cod. pen., come novellato dall’art. 1, comma 1, lett. t), stessa legge, in relazione alla condotta di chi, vantando un’influenza – effettiva o meramente asserita, stante l’equiparazione tra le due ipotesi – presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, si faccia dare denaro e/o utilità quale prezzo della propria mediazione.

Resta così rimesso, al prudente apprezzamento del giudice pesare la reale gravità della condotta, nell’economia del trattamento punitivo previsto dalla nuova norma.

Insomma, il “millantato credito” di un tempo, è diventato un reato potenzialmente connotato da pene altissime.

Si osservi in proposito il testo dell’art. 346 bis cp: “Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319, 319-ter e nei reati di corruzione di cui all’articolo 322-bis, sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, ovvero per remunerarlo in relazione all’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, è punito con la pena della reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi. La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altra utilità. La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio.  Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie o per remunerare il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio. Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita”.

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