Cose belle e cose strane: TRIBUNALE DI ROMA XIII (sulle preclusioni nel giudizio di opposizione a sanzioni e sulla presunta unicità della condotta)

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La XIII Sezione del Tribunale di Roma ha pronunciato, lo scorso 25 giugno 2021 una bella sentenza con riguardo al tema delle preclusioni processuali in cui incorre chi resiste al ricorso. Il Giudice, in buona sostanza, rigetta l’eccezione di tardività di costituzione in giudizio dell’Amministrazione resistente così chiarendo: “l termine di cui all’art. 7 co. 7 D. Lgs n. 150/2011 derivano dall’art. 23 della Legge 689/1981 oggi abrogato, il quale prevedeva al comma 2 quello che oggi è stato sostanzialmente trasfuso nell’art. 7 comma 7 del D. Lgs n. 150/2011, ovvero che “il Giudice ordina all’Autorità che ha emesso il provvedimento impugnato di depositare in cancelleria, dieci giorni prima dell’udienza fissata, copia del rapporto con gli atti relativi all’accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione”. In vigenza della precedente normativa, sulla natura dell’ordinanza del Giudice si era pronunciata la Suprema Corte (ex multis, sent n.1226/2005), argomentando che il mancato rispetto del termine (di natura non perentoria) non fosse idoneo a determinare preclusioni, con la conseguenza che la documentazione potesse essere prodotta nel corso del giudizio, assolvendo tardivamente all’ordine del Giudice e fino all’udienza di precisazione delle conclusioni. Del resto, è la semplice formulazione letterale della norma che tenderebbe a far escludere che l’art. 7 co. 7 D. Lgs n.150/2011 possa prevedere un termine perentorio, essendo questi ultimi normalmente previsti dalla legge, in base ai principi generali. I due termini vanno dunque tenuti distinti, discendendo l’uno dall’art. 7 co. 7 del D. Lgs 150/2011 (di natura ordinatoria) e l’altro dall’art. 416 c.p.c. (di natura perentoria)”. Queste sono le cose belle della sentenza.

Ora passiamo alle cose strane: “in presenza di più violazioni della stessa o di diverse norme del codice della strada, consumate mediante condotte autonome scattano tante multe per quante sono le violazioni. È proprio il caso del ripetuto passaggio con l’auto nelle aree pedonali e nelle zone a traffico limitato (ZTL). In tali ipotesi, il trasgressore subisce tante sanzioni per ogni singola violazione (cosiddetto cumulo materiale). Tuttavia, la Cassazione ha voluto stemperare il rigore di tale norma, stabilendo che, in caso di più violazioni a breve distanza di tempo sulla medesima tratta, va valutato se esse debbano essere considerate violazioni autonome oppure come un’unica violazione. In quest’ultimo caso ad ogni accertamento non deve corrispondere una contravvenzione. In pratica, quando l’automobilista ha superato il varco attivo più volte in un breve lasso di tempo, come nel caso di specie, gli sarà imputata una sola multa. Non si applica neanche il cumulo formale che prevede l’aumento della contravvenzione fino al triplo. Ne consegue che l’appellante dovrà essere sanzionato soltanto per una violazione, con conseguenziale annullamento della seconda sanzione”. Quindi, si presume che la cassazione (ma a me pare che la cassazione, salvo un isolato ed antico caso inerente materia diversa dal codice della strada sostenga il contrario di quanto asserito in sentenza; peraltro la pur invocata Suprema Corte non è citata) abbia mitigato il tenore della norma…

Vabbè, se non altro … spese compensate.

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