Dopo una perquisizione effettuata dal Corpo Forestale dello Stato, dal Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agro-alimentari e da ARPAE, presso uno stabilimento in cui si svolgeva attività di produzione di fertilizzanti organici,veniva avviato un procedimento penale per attività non autorizzata di rifiuti.
Successivamente, l’autorità penale emetteva un decreto di sequestro preventivo per violazione dell’articolo 256 d.lgs. n. 152/2006, dato il rinvenimento di materiale qualificabile come rifiuto, in assenza delle necessarie autorizzazioni (malgrado si trattasse, secondo il titolare dell’azienda, di fertilizzanti e materie prime secondarie, regolarmente conferiti presso l’impianto con tutti i documenti di trasporto necessari).
A seguito poi di segnalazione trasmessa dalla medesima polizia giudiziaria al Sindaco del Comune di Comacchio e all’Ente di gestione Parchi e Biodiversità Delta del Po, circa l’avvenuta realizzazione e gestione di una discarica non autorizzata di rifiuti (pericolosi e no), mediante ripetuti conferimenti e stoccaggi di materiali eterogenei, il Comune intimava la rimozione dei rifiuti e il ripristino dello stato dei luoghi entro e non oltre 150 giorni dalla notifica dell’atto, ai sensi dell’articolo 192, comma 3, d.lgs. n. 152/2006.
Tale disposizione stabilisce: “Fatta salva l’applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”.
L’ordinanza comunale veniva adottata, mentre la sentenza di primo grado, in sede penale, era ancora gravata da appello e, dunque, non era coperta dal giudicato.
Infine, ritualmente impugnata dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, il ricorrente ha sostenuto che il Comune avrebbe dovuto attendere la conclusione del procedimento penale ancora pendente, prima di ordinare il ripristino dello stato dei luoghi,
Il motivo del ricorso è stato ritenuto infondato.
Secondo ilTAR Emilia Romagna, Sezione II, 16 aprile 2022, n. 348, l’accertamento dei fatti, operato dal giudice penale, non riveste carattere pregiudiziale rispetto al procedimento instaurato dall’autorità amministrativa, la quale è tenuta a valutare gli elementi di fatto a disposizione e sulla base di questi ben può assumere l’atto repressivo previsto dall’articolo 192 del d.lgs. n. 152/2006.
Infatti, come pure è stato già osservato dal TARBasilicata, – 1/7/2020 n. 425, la violazione,ex articolo 192, comma 1, d.lgs. n. 152/2006,del divieto di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul suolo, genera automaticamente l’obbligo del responsabile, se accertato e/o conosciuto, di rimuovere tali rifiuti, senza dover attendere l’esito del processo penale e/o dello svolgimento di particolari indagini, non potendo tale incontrovertibile obbligo giuridico essere equiparato ad una sanzione amministrativa di tipo reintegratorio.
Consequenzialmente, il Comune non deve attendere l’esito del procedimento penale, se ed in quanto dispone di elementi di fatto sufficienti ai fini dell’adozione dell’ordinanza ex articolo 192 del d.lgs. n. 152/2006.
D’altronde, nemmeno è rintracciabile una disposizione normativa che imponga all’amministrazione comunale di attendere l’esito del processo penale instaurato prima di adottare un provvedimento ai sensi dell’articolo 192 del d.lgs. n. 152/2006.