E nun se vonn sta’! Allegra digressione sulla necessità che le sanzioni si paghino, specie dopo che si è perso nel giudizio di opposizione.

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E nun se vonn sta’!

Allegra digressione sulla necessità che le sanzioni si paghino, specie dopo che si è perso nel giudizio di opposizione.

Il tema della riscossione coattiva della somma risultante dagli esiti del giudizio di opposizione, intrattenuti innanzi al giudice di pace, a norma dell’articolo 7 del D.Lgs 150/2011, resta sempre appassionante.

Per comune malcostume nazionale, anche se si perde davanti al giudice di pace, magari non si propone appello, ma si confida nel fatto che l’Amministrazione resistente rinunci al proprio credito, addormentandosi con le sentenze tra le mani. Ebbene sì, molte sono le Amministrazioni resistenti che si addormentano con le sentenze vittoriose tra le mani (penso alle Amministrazioni Statali che, a quel che mi risulta, non sono sempre zelanti nell’agire per recuperare il proprio credito da sentenza); tuttavia ce ne sono alcune che provano (se non altro con sforzo di tensione ad evitare il computo di un danno erariale da mancato incasso) a recuperare le somme originate da “verbale o da ordinanza ingiunzione”, transitate attraverso una sentenza, che (secondo parte della dottrina) assume valenza novativa rispetto al titolo.

Per resistere a queste azioni di recupero credito (che hanno come presupposto ontologico e procedimentale la notifica della sentenza per gli effetti considerati dall’art. 7 del D.Lgs 150/2011) con pur apprezzabili sforzi di ricerca giuridica, ci sono avvocati che resuscitano affermazioni giurisprudenziali che, anche se correttamente contestualizzate quanto all’epoca di emersione, avrebbero assunto consistenza di “obiter dicta”; vieppiù che –alla luce dei mutati contesti normativi- esse sono poco più che manifestazioni di libero pensiero.

Orbene, oggi come oggi, ripescare la sentenza Cass. civ. Sez. II, Sent., 06-10-2014, n. 20983 per sostenere che in assenza della determinazione dell’importo della somma da pagare, nella sentenza, la sua notifica è nulla, mi pare un tantinello azzardato.

La sentenza in parola riguarda un verbale il cui anno di redazione non si conosce, ma che sicuramente era stato definito, in primo grado, con sentenza del giudice di pace di Boiano n° 90 dell’anno 2003. Con un’opposizione (ex post, qualificata tra quelle ricadenti nell’art. 615 cpc) alla cartella esattoriale (notificatagli a settembre 2005), il ricorrente (non pago della sconfitta e che, pian pianino, arriva fino in Cassazione) impugna il verbale “raddoppiato”, deducendo che a ruolo doveva finirci la sentenza e non il verbale (quindi invocando l’effetto novativo della sentenza, sul rapporto debitorio).

La norma applicabile all’epoca dei fatti qui narrati era l’articolo art. 204-bis, comma 6, del Nuovo C.d.S. (norma oggi e fin dal 2011 abrogata), che prevedeva (diversamente dalla norma oggi vigente) che “la sentenza con cui viene rigettato il ricorso di cui all’art. 203 costituisce titolo esecutivo per la riscossione coatta delle somme inflitte dal giudice che superino l’importo della cauzione prestata all’atto del deposito del ricorso. Dunque, nella specie, a seguito del rigetto dell’opposizione, il titolo esecutivo era costituito dalla sentenza di rigetto e non dal verbale di accertamento. E la p.a. non avrebbe potuto agire esecutivamente vantando un titolo costituito non dalla sentenza conclusiva del giudizio di opposizione ma dal verbale opposto e mai utilizzato esecutivamente in corso di causa” (cfr. sub 2. Cass. civ. Sez. II, Sent., 06-10-2014, n. 20983).

Rispetto all’assetto della normativa, all’epoca vigente, la sentenza n.20983/2014 sostiene: “deve rilevarsi che l’assenza nella sentenza – che, per quanto si è chiarito sub 2, è essa stessa titolo esecutivo a seguito del rigetto della opposizione – di una autonoma determinazione dell’importo della sanzione costituiva un motivo di nullità della stessa che avrebbe dovuto essere fatto valere con l’impugnazione dal Comune”.

Insomma, la faccenda che tratta Cass. Civ. n.20983/2014 alligna nell’epoca in cui ancora c’era la cauzione per la proposizione del ricorso al Giudice di pace ed ancora non c’era il D.Lgs 150/2011.

Ora, le questioni relative al momento attuale si raccolgono intorno al comma 11 dell’articolo 7 del D.Lgs 150/2011, secondo cui: “Con la sentenza che rigetta l’opposizione il giudice determina l’importo della sanzione in una misura compresa tra il minimo e il massimo edittale stabilito dalla legge per la violazione accertata. Il pagamento della somma deve avvenire entro i trenta giorni successivi alla notificazione della sentenza e deve essere effettuato a vantaggio dell’amministrazione cui appartiene l’organo accertatore, con le modalità di pagamento da questa determinate”.

Poi, se l’importo non è determinato, l’Amministrazione quantifica la somma, nei termini a suo favore deducibili da Cass. civ. Sez. VI – 2, Sent., 22-07-2016, n. 15158. Se ciò non piacerà ai destinatari della richiesta, al momento dell’emissione della cartella esattoriale che recherà alla sua base la sentenza e non il verbale, si potrà discutere della corretta interpretazione che l’amministrazione ha promosso della sentenza da ultimo qui richiamata.

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