EDITORIALE. “Responsabilità civile dei Magistrati…. Guai a parlarne… si rischia che ci arrestino tutti”.

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Con questo breve titolo, gioco ad immedesimarmi nei parlamentari che, dopo il colpo di mano denominato “emendamento Pini”, subito si sono prodigati nel promettere rapide soluzioni per il torto inferto da questo “scellerato leghista”, una volta che il tema sarà trattato al Senato.

Il mio è un gioco, una provocazione, ma anche una seria critica ad un Ordinamento che comincia a manifestare segni di cedimento veramente preoccupanti.

 

Ciò che mi rende molto critico, per la verità, è il modo in cui i mezzi di informazione trattano le notizie, riuscendo ad enfatizzare aspetti minoritari di taluni fatti, onde offrire a chi legge (ed ancor di più a chi nemmeno legge, limitandosi a guardare distrattamente un telegiornale) un punto di vista distorto rispetto al cuore della notizia.

Queste riflessioni mi vengono instillate dal modo in cui è stata ricevuta, dalla Magistratura tutta, la notizia dell’approvazione dell’”emendamento “Pini” che –per ora solo con riguardo ad un disegno di Legge- modifica l’articolo 2 della legge 117/1988 sul risarcimento dei danni causati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie.

La sacrosanta responsabilità personale, connessa ad un esercizio distorto della funzione, pretesa da tutti i funzionari pubblici, non ci si può attendere, a quanto pare, dalla Magistratura.

Insorge l’ANM; il Governo promette ripristini della vecchia norma se non di ancora più comodi metodi per lasciare solo sul collo dello Stato la responsabilità dell’errore giudiziario; una certa stampa collega la proposta alla voglia di una certa “politica” di fermare i Giudici che stanno combattendo la Corruzione.

Un metodo scellerato di fare informazione, quello di porre in relazione l’emendamento “Pini” con la lotta ai fenomeni di corruttela; una sorta di partigianeria giustizialista che non vuole vedere il Magistrato messo in discussione nemmeno quando violi in maniera manifesta il diritto e decida con dolo o colpa grave in danno della persona soggetta al potere giudiziario.

Personalmente, sebbene convinto da anni della necessità di difendere l’indipendenza della Magistratura e costantemente deciso a fare in modo che, dopo condanna definitiva, il delinquente debba essere tale sia per giudizio giuridico che morale, non posso accettare l’idea della irresponsabilità dei Magistrati infedeli o vanesi ed ancor meno posso accettare che ci sia una pletora di giornalisti pronti a difendere quello che è un vero e proprio “privilegio di casta”.

 Prima di scrivere questo breve editoriale mi sono documentato.

 Non volevo difendere certo un testo sconosciuto e volevo capire, prima di esprimermi, quale fosse il tema di cui tanto si è dibattuto in questi giorni.

Dopo la lettura mi sono convinto, ancora di più del fatto che non c’è nessun colpo di Stato nell’emendamento “Pini”; solo il tentativo di cercare, forse di mettere in equilibrio i poteri, ora che sono diventati troppi gli anni della incapacità della Politica di essere credibile e che comincia ad avvertirsi la consapevolezza che i Giudici non possono essere chiamati a sostituirla, ma solo a vigilare sulla correttezza dell’operato suo e dell’amministrazione tutta.

L’Onorevole Pini è esponente della Lega Nord; io mi chiamo Napolitano e sono meridionale e meridionalista convinto. Mai avrei pensato di dover ringraziare nella vita chi, lascia dietro di se sempre il segno di uno scarso apprezzamento per il SUD. Eppure, a questo giro, sentitamente ringrazio questo coraggioso signore.

Pino Napolitano

 

Ecco, per chi abbia curiosità, il testo dell’emendamento tanto contestato e, verosimilmente, destinato a non diventare mail Legge.

 “Art. 30-bis. – (Modifiche alla legge 13 aprile 1988, n. 117). – 1. All’articolo 2 della legge 13 aprile 1988, n. 117, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Chi ha subìto un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato in violazione manifesta del diritto o con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni ovvero per diniego di giustizia può agire contro lo Stato e contro il soggetto riconosciuto colpevole per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali che derivino da privazione della libertà personale. Costituisce dolo il carattere intenzionale della violazione del diritto»;

b) il comma 2, è sostituito dal seguente:

«2. Salvo i casi previsti dai commi 3 e 3-bis nell’esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l’attività di valutazione del fatto e delle prove»;

c) dopo il comma 3, è inserito il seguente:

«3-bis. Ai fini della determinazione dei casi in cui sussiste una violazione manifesta del diritto ai sensi del comma 1, deve essere valutato se il giudice abbia tenuto conto di tutti gli elementi che caratterizzano la controversia sottoposta al suo sindacato con particolare riferimento al grado di chiarezza e di precisione della norma violata, al carattere intenzionale della violazione, alla scusabilità o inescusabilità dell’errore di diritto. In caso di violazione del diritto dell’Unione europea, si deve tener conto se il giudice abbia ignorato la posizione adottata eventualmente da un’istituzione dell’Unione europea, non abbia osservato l’obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267, terzo paragrafo, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nonché se abbia ignorato manifestamente la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea».

2. Agli oneri derivanti dall’attuazione del comma 1, valutati in 2,45 milioni di euro per l’anno 2011 e in 4,9 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2012, si provvede, quanto a 2,45 milioni di euro per l’anno 2011, mediante utilizzo delle risorse di cui all’articolo 1, comma 14, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, e quanto a 4,9 milioni di euro a decorrere dall’anno 2012, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa prevista all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, relativa al fondo per interventi strutturali di politica economica.

3. Ai sensi dell’articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministro della giustizia provvede al monitoraggio degli oneri di cui al presente articolo e riferisce in merito al Ministro dell’economia e delle finanze. Nel caso si verifichino, o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 2, il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro della giustizia, provvede, con proprio decreto, alla riduzione, nella misura necessaria alla copertura finanziaria del maggior onere risultante dall’attività di monitoraggio, delle dotazioni finanziarie di parte corrente iscritte, nell’ambito delle spese rimodulabili di cui all’articolo 21, comma 5, lettera b), della legge n. 196 del 2009, nel programma «Giustizia civile e penale» della missione «Giustizia» dello stato di previsione del Ministero della giustizia. Il Ministro dell’economia e delle finanze riferisce senza ritardo alle Camere con apposita relazione in merito alle cause degli scostamenti e all’adozione delle misure di cui al secondo periodo.

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