Le scuole hanno chiesto al Comune ed al gestore del servizio di igiene urbana di farsi carico dello smaltimento di ingenti quantitativi (stanze intere piene di bancali) di mascherine, che sono stati fornite dal Ministero dell’Istruzione in periodo COVID 19, che sono rimaste inutilizzate nelle loro confezioni e sono, peraltro, anche scadute.
Alla luce delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 116/2020, considerato che le scuole sono ricomprese nell’elenco di cui all’allegato L-quinquies, alla parte quarta, d.lgs. n. 152/2006, il Comune è obbligato a farsi carico di tale smaltimento?
Oppure tale operazione spetta all’Istituto comprensivo cui la scuola appartiene?
Se il Comune è obbligato a smaltirli, c’è un limite quantitativo che si può applicare?
A prescindere, non sembra corretto che un’amministrazione pubblica si debba far carico di costi elevati legati ad una errata fornitura in eccesso da parte del Ministero.
La natura giuridica delle mascherinegiacenti inutilizzate presso gli istituti scolastici: rifiuti urbani o rifiuti speciali?
Le mascherine giacenti presso istituti scolastici, che recano una data di scadenza ormai decorsa, sono da classificarsi come rifiuti speciali, ai sensi dell’articolo 184, comma 3, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
Il codice EER che descrive in maniera più ragionevole tali rifiuti è il 15 02 03 “Assorbenti, materiali filtranti, stracci e indumenti protettivi, diversi da quelli di cui alla voce 15 02 02*”.
Se e in quanto non soddisfatte tuttele condizionistabilite dall’articolo 183, comma 1, lett. b-ter, punto 2, d.lgs. n. 152/2006, ai fini della loro classificazione come rifiuti urbani (tenuto conto che tale tipologia di rifiuti non è ricompresa nell’elenco di cui all’allegato L-quater alla parte quarta del d.lgs. n. 152/2006),esse non possono essere conferite al servizio pubblico.
Del loro smaltimento, pertanto, deve necessariamente farsi carico il dirigente scolastico.
Quest’ultimo sarà tenuto, altresì, alla osservanza degli adempimenti concernenti le modalità del deposito temporaneo, ai sensi dell’articolo 185-bis del citato decreto.
Il deposito temporaneo di rifiuti: la nuova disciplina introdotta dal decreto cd. “Economia circolare”
L’articolo 183, comma 1, lett. bb) del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (modificato dall’articolo 1, comma 9, d.lgs. n. 116/2020, cd. “Economia circolare”) definisce il deposito temporaneo prima della raccolta: «il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero e/o smaltimento, effettuato, prima della raccolta ai sensi dell’articolo 185-bis».
La disciplina dettagliata del deposito temporaneo di rifiuti si ritrova, quindi, tutta contenuta nell’articolo di nuovo conio, introdotto dal d.lgs. n. 116/2020, costituito dall’articolo 185-bis, che stabilisce:
«1) Il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero o smaltimento è effettuato come deposito temporaneo, prima della raccolta, nel rispetto delle seguenti condizioni:
- nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti, da intendersi quale l’intera area in cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti o, per gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del c.c., presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci;
- esclusivamente per i rifiuti soggetti a responsabilità estesa del produttore, anche di tipo volontario, il deposito preliminare alla raccolta può essere effettuato dai distributori presso i locali del proprio punto vendita;
- per i rifiuti da costruzione e demolizione, nonché per le filiere di rifiuti per le quali vi sia una specifica disposizione di legge, il deposito preliminare alla raccolta può essere effettuato presso le aree di pertinenza dei punti di vendita dei relativi prodotti.
2) Il deposito temporaneo prima della raccolta è effettuato alle seguenti condizioni:
- i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, sono depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose gestiti conformemente al suddetto regolamento;
- i rifiuti sono raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;
- i rifiuti sono raggruppati per categorie omogenee, nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
- nel rispetto delle norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose.
3) Il deposito temporaneo prima della raccolta è effettuato alle condizioni di cui ai commi 1 e 2 e non necessita di autorizzazione da parte dell’autorità competente».
Nella nuova formulazione della norma che reca la disciplina del deposito temporaneo, i rifiuti possono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito.
In alternativa alla predetta modalità, i rifiuti possono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento, quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i trenta metri cubi di cui al massimo dieci metri cubi di rifiuti pericolosi.
In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno.
Tali limiti consentono al produttore di scegliere, in alternativa, di contenere il quantitativo dei rifiuti entro un certo volume, superato il quale deve recuperarli o smaltirli, oppure di effettuare tali operazioni, indipendentemente dal quantitativo dei rifiuti, secondo una precisa cadenza temporale, che è quella di tre mesi.
L’osservanza delle condizioni, relative ai limiti quantitativi e temporali del deposito, sollevano il produttore dei rifiuti dagli obblighi previsti dal regime autorizzatorio delle attività di gestione, tranne quelli di tenuta dei registri di carico e scarico e per il divieto di miscelazione, mentre in difetto di tali condizioni – la sussistenza delle quali deve essere dimostrata dall’interessato, trattandosi di norma di favore – l’attività posta in essere, come si dirà meglio successivamente, dovrà configurarsi come gestione non autorizzata di rifiuti ovvero come deposito incontrollato di rifiuti.
Il rispetto di tutte le condizioni previste dall’articolo 185-bis d.lgs. n. 152/2006, esonera il produttore dal richiedere l’autorizzazione e quindi dall’osservanza degli obblighi previsti dal regime autorizzatorio, ad eccezione del divieto di miscelazione e dell’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico, che devono comunque essere assolti.
Quale reato si configura in caso di inosservanza delle condizioni stabilite nella nuova disciplina sul deposito temporaneo di rifiuti?
Nel Titolo VI della Parte Quarta, Capo I, del d.lgs. n. 152/2006, dedicato tutto al sistema sanzionatorio, manca una disposizione che rechi una sanzione per l’ipotesi di deposito temporaneo irregolare.
La risposta al quesito di cui sopra è fornita dalla giurisprudenza, con orientamento ormai consolidato.
Secondo la Corte di Cassazione, Sezione III, 5 luglio 2022 (udienza 17 maggio 2022), n. 25630: «il deposito temporaneo dei rifiuti, nella versione previgente al decreto 116/2020, era definito dall’articolo 183, comma 1, lett. bb), d.lgs. n. 152/2006, quale raggruppamento dei rifiuti e il deposito preliminare alla raccolta ai fini del trasporto di detti rifiuti in un impianto di trattamento, effettuati prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti (…); costituiva requisito imprescindibile il fatto che i rifiuti dovessero essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiungeva complessivamente i 30 metri cubi, di cui almeno 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superava il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non poteva mai avere durata superiore ad un anno.
Tale requisito è rimasto invariato anche nella vigente definizione di deposito temporaneo data dall’articolo 185-bis d.lgs. n. 152/2006, aggiunto dall’articolo 1, comma 14, d.lgs. n. 116/2020».
Nel caso di specie – essendo stato accertato che il deposito di rifiuti speciali eccedeva effettivamente la durata di un anno, prescindendosi peraltro dal dato quantitativo – i giudici ermellini hanno ritenuto configurato il reato di cui al d.lgs. n. 152/2006, articolo 256, comma 1, lettera b), per attività non autorizzata di recupero/smaltimento di rifiuti speciali, poiché l’indagato aveva effettuato un deposito di rifiuti, che non poteva essere qualificato come deposito temporaneo, secondo la disciplina dettata dall’articolo 185-bis del d.lgs. n. 152/2006.
La disciplina sanzionatoria
Il dirigente scolastico che detiene in modo irregolare le mascherine, in violazione dell’articolo 185-bis, d.lgs. n. 152/2006, commette il reato di illecita gestione di rifiuti, così punito dall’articolo 256, comma 1, d.lgs. n. 152/2006:
- a) con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro, se si tratta di rifiuti non pericolosi;
- b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro, se si tratta di rifiuti pericolosi.