I rapporti tra resistenza e oltraggio quando si tenta di rifiutare il controllo con etilometro

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Il conducente di un veicolo, al fine di sottrarsi alla prova per etilometro, pronuncia le seguenti frasi all’indirizzo degli agenti di polizia operanti: “sono il figlio del sindaco di ….., lasciate perdere che è meglio per voi, state facendo un abuso di potere solo perché portate la divisa, senza quella non contate niente”, continuando ad inveire anche all’atto di sottoscrivere i verbali. 

Tale condotta costituisce reato di resistenza a pubblico ufficiale, di cui all’articolo 337, codice penale?

Art. 337.
Resistenza a un pubblico ufficiale.

Chiunque usa violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale, o ad un incaricato di un pubblico servizio, mentre compie un atto d’ufficio o di servizio, o a coloro che, richiesti, gli prestano assistenza, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

 

In realtà le frasi pronunciate dal soggetto non erano dirette ad opporsi ad un atto dei pubblici ufficiali, tanto è vero che, alla fine, il conducente si è sottoposto volontariamente ai controlli etilometrici.

La Corte di Cassazione Penale con la sentenza 20 maggio2015 n. 20936, ha precisato che, perché sia integrato il delitto di cui all’articolo 337, codice penale,  è infatti necessario che si usi violenza o minaccia per opporsi al compimento di un atto di ufficio o di servizio, mentre nel caso in esame deve escludersi tanto la violenza e la minaccia, quanto la finalità di impedire il compimento dell’atto d’ufficio. 
Invero, le frasi in questione, nel contesto in cui sono state pronunciate dal conducente, dimostrano un contenuto sicuramente oltraggioso, perché rappresentano l’espressione di uno sfogo di sentimenti ostili e di disprezzo verso i pubblici ufficiali, ma non rivelano la volontà di opporsi allo svolgimento dell’atto di ufficio. 
Invero, la condotta del soggetto configura il diverso reato di oltraggio a pubblico ufficiale previsto dall’articolo 341-bis, codice penale, di cui manca nella specie la condizione di punibilità della presenza di più persone, da intendere come persone diverse dagli oltraggiati. 

Art. 341-bis.
Oltraggio a pubblico ufficiale.

Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione fino a tre anni.
La pena è aumentata se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato. Se la verità del fatto è provata o se per esso l’ufficiale a cui il fatto è attribuito è condannato dopo l’attribuzione del fatto medesimo, l’autore dell’offesa non è punibile.
Ove l’imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell’ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto.

In conclusione, il fatto deve essere qualificato come oltraggio ai sensi dell’articolo 341-bis, codice penale

di Marco Massavelli

 

 

 

 

 

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