I TEMI CENTRALI DEL CONVEGNO DI SALERNO: PARTICOLARE TENUITA’ DEL FATTO E IMPLICAZIONI OPERATIVE PER LA POLIZIA MUNICIPALE.

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Prosegue oggi (così come continueremo nei prossimi giorni, fino alla data del Convegno del 22 e del 23 ottobre) la breve descrizione degli interventi programmati per la seconda edizione degli “Studi di Polizia Locale”.

La mattina del 23 ottobre i lavori -coordinati dal Comandante della Polizia Municipale di Cerignola, Francesco Delvino- si svilupperanno anche sul delicatissimo tema del rapporto tra la “particolare tenuità del fatto” e l’impatto operativo che questa modifica importa per i reati di maggiore pratica per chi lavora in Polizia Municipale.

Il tema sarà trattato da Michela Cupini che ci ha cortesemente inviato una breve sintesi del suo intervento.

L’articolo 1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014 n. 67 ha conferito delega al Governo per “escludere la punibilità di condotte sanzionate con la sola pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a cinque anni, quando risulti la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento, senza pregiudizio per l’esercizio dell’azione civile per il risarcimento del danno e adeguamendo la relativa normativa processuale penale”. La delega, dopo il prescritto passaggio alle Camere, è stata esercitata con il decreto legislativo 16 marzo 2015 n. 28, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 64 del 18 marzo 2015. La norma fondamentale è quella contenuta nell’articolo 131-bis del cod. pen., introdotto con il decreto legislativo n. 28 del 2015, che in ossequio alle indicazioni di delega, configura la possibilità di definire il procedimento con la declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto relativamente ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla pena detentiva. 

Le finalità perseguite. – E’ una disciplina che, se correttamente interpretata, può dare un significativo contributo nell’ottica della deflazione processuale, senza che però questo risultato porti con sé, in accettabilmente, una caduta del livello di sicurezza sociale e una sorta di “abdicazione” della risposta sanzionatoria dello Stato. Per conseguire, insieme, questi risultati è necessaria, quindi, una applicazione ragionevole ed attenta, che deve passare attraverso una sempre adeguata motivazione in ordine alla ricorrenza dei presupposti di legge. E’ in tal modo che possono soddisfarsi le concorrenti esigenze che stanno alla base dell’istituto, puntualmente sintetizzate nella Relazione di accompagnamento: l’esigenza di alleggerimento del carico giudiziario [soddisfabile al meglio ove la definizione del procedimento tenda a collocarsi nelle sue prime fasi], il rispetto del principio di proporzione [che vuole evitare il dispendio di energie processuali per fatti bagatellari, sproporzionato sia per l’ordinamento per l’autore, “costretto a sopportare il peso psicologico del processo a suo carico”], l’adeguata considerazione della posizione della persona offesa [soddisfatta vuoi con la previsione di spazi di interlocuzione anche nell’ipotesi dell’archiviazione: cfr., in particolare, il nuovo articolo 411, comma 1-bis, del cod. proc. Pen., vuoi con l’esplicita previsione normativa della efficacia della sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto nel giudizio civile o amministrativo di danno: cfr. il nuovo articolo 651-bis del cod. Proc. Pen.].

La normativa di riferimento. – L’istituto della particolare tenuità del fatto trova la sua disciplina sostanziale nell’articolo 131-bis del cod. pen., laddove il relativo apprezzamento è correlato all’offesa [che deve essere di “particolare tenuità” e va desunta dalle modalità della condotta e dall’esiguità del danno o del pericolo] e al comportamento [che non deve risultare “abituale”]. Dal punto di vista procedurale, l’articolo 131-bis del cod. pen. È la norma di riferimento allorquando la decisione liberatoria intervenga dopo l’esercizio dell’azione penale. Non a caso la norma trova la sua collocazione in apertura del titolo V del Libro I del Codice Penale, subito prima degli articoli concernenti l’esercizio del potere discrezionalità del giudice nell’applicazione della pena. In realtà, la causa di non punibilità può essere applicata anche durante la fase delle indagini. Anzi, l’utilizzo dell’istituto in tale fase soddisfa al meglio l’esigenza di alleggerimento del carico giudiziario [cfr: nella Relazione di accompagnamento]. Nell’articolo 411 del cod. proc. Pen., infatti, nel nuovo comma 1-bis, è contenuta la disciplina dell’archiviazione “per la particolare tenuità del fatto”, la cui peculiarità, come si vedrà, è rappresentata dall’interlocuzione dell’indagato e della persona offesa che possono censurare nel merito la richiesta di archiviazione. L’interlocuzione non è invece espressamente prevista dopo l’esercizio dell’azione penale, né in sede di udienza preliminare, né in sede dibattimentale, giacché in tali fasi è già aliunde garantito il contraddittorio pieno. Anche nel caso in cui la decisione intervenga prima dell’esercizio dell’azione penale, con l’archiviazione, i presupposti sostanziali di applicazione sono rinvenibili nell’articolo 131-bis del cod. pen. che quindi è la norma fondamentale che fonda i presupposti e i limiti dell’istituto, quale che sia la fase procedimentale.

Alla Redazione che, con l’occasione ringrazia l’amica Michela Cupini per l’impegno assunto, piace rammentare, così, ai lettori che l’Evento di Salerno resta una straordinaria occasione per un gratuito e fecondo aggiornamento professionale.

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