Il lavoro agile dopo il DPCM 22 marzo 2020; niente è cambiato.

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Il lavoro agile dopo il DPCM 22 marzo 2020; niente è cambiato.

L’art. 87 del D.L. 18/2020, stabilisce che il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni che, conseguentemente:

  1. limitano la presenza del personale negli uffici per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro, anche in ragione della gestione dell’emergenza;
  2. prescindono dagli accordi individuali   e   dagli   obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81.

La prestazione lavorativa in lavoro agile puo’ essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilita’ del dipendente qualora non siano forniti dall’amministrazione. In tali casi l’articolo 18, comma 2, della legge 23 maggio 2017, n. 81 non trova applicazione. Qualora non sia possibile ricorrere al lavoro agile, anche nella forma semplificata di cui al comma 1, lett. b), le amministrazioni utilizzano gli strumenti delle ferie pregresse, del congedo, della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva. Esperite tali possibilità le amministrazioni   possono   motivatamente esentare   il   personale dipendente dal servizio. Il periodo di esenzione dal servizio costituisce servizio prestato a tutti gli effetti di legge e l’amministrazione non corrisponde l’indennità sostitutiva di mensa, ove prevista. Tale periodo non é computabile nel limite di cui all’articolo 37, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.

Questa norma va messa in relazione con la lettera b, del comma 1, dell’articolo 1 del D.P.C.M. 22 marzo 2020, nella parte in cui afferma: “è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute; conseguentemente all’articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 le parole «. E’ consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza» sono soppresse”.

In primo luogo va osservato che il DPCM 22 marzo 2020, fa espressamente salvo “quanto previsto dall’articolo 87 del decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18”. Quindi, le Amministrazioni che abbiano stabilito che determinati dipendenti devono andare a prestare attività lavorativa presso gli uffici (per ragioni di turnazione connessa alle attività considerate indifferibili) hanno già legittimato lo spostamento del dipendente che, eo ipso, si muove per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza. La valutazione della “assoluta urgenza”, viene fatta dal datore di lavoro che ha disposto la modalità di lavoro su turni di presenza presso gli uffici. Ciò legittima anche lo spostamento fuori dal comune di residenza, domicilio o dimora (la locuzione “in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano”, per quanto atecnica, conduce a tali concetti), con la possibilità persistente, a fine prestazione, di rientrare presso il proprio domicilio, abitazione o residenza.

Ne deriva che l’operatore di Polizia che rinviene in transito un dipendente pubblico che autocertifichi che si sta recando a lavoro “come da ordine di servizio”, deve consentirgli il transito e non deferirlo all’A.G., salvo riscontro di falsità nella dichiarazione resa.

Come osservato su una importante rivista (quotidianoentilocali.ilsole24ore.com – Pubblico impiego – Coronavirus/1 – Personale, iter in tre mosse per assenze e smart working) l’esenzione dal lavoro è opzione residuale. Essa “è anche la più delicata in quanto il servizio esentato è parificato, a tutti gli effetti di legge, a quello prestato, con conseguente riconoscimento dell’intera retribuzione, con eccezione dell’indennità sostitutiva di mensa. L’esenzione deve essere accompagnata da una robusta motivazione, in assenza della quale il soggetto che l’ha disposta può essere chiamato a rispondere del danno erariale”.

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