Irrilevanza della L.241/1990 nei procedimenti sanzionatori.

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Irrilevanza della L.241/1990 nei procedimenti sanzionatori.

Cass. civ. Sez. II, con Ordinanza del 17-04-2024, n. 10348, ribadisce che vi è inconciliabilità della legge n. 241/1990 con la disciplina delle sanzioni amministrative, contenuta nella legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto la regolamentazione dell’irrogazione delle sanzioni amministrative si pone in rapporto di specialità rispetto a quella dei procedimenti amministrativi in genere e, quindi, quest’ultima, anche se posteriore alla prima, non comporta la caducazione della precedente, considerato, inoltre, che le disposizioni della legge n. 689 del 1981, “costituiscono un sistema organico e compiuto, nel quale non occorrono inserimenti esterni” (Cass. Sez. U. n. 9591/2006 e Cass. n. 15019/2013). Inoltre i procedimenti sanzionatori sono temporalmente soggetti solo al termine quinquennale di prescrizione della pretesa punitiva previsto dal citato art. 28 della legge n. 689/1981, e non a termini ulteriori di decadenza e/o perenzione, non previsti dalla legge stessa.

È stato, altresì, puntualizzato che, in tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, avuto riguardo all’art. 21-octies, comma 2, della citata legge n. 241/1990, gli eventuali vizi del procedimento amministrativo non sono rilevanti, in ragione tanto della natura vincolata del provvedimento sanzionatorio, quanto della immodificabilità del suo contenuto.

Quanto invece alla diversa deduzione della violazione dell’art. 14 della legge n. 689/81, si ricorda che, in tema di sanzioni amministrative per la violazione delle norme che disciplinano l’attività di intermediazione finanziaria, il termine per la contestazione degli illeciti decorre dal momento del relativo accertamento, il quale non coincide necessariamente né con quello della mera constatazione dei fatti nella loro materialità né con quello in cui le relazioni o i rapporti finali degli incaricati degli accertamenti siano stati depositati o comunque messi a disposizione degli organi dell’autorità di supervisione competenti al relativo esame, dovendosi tener conto, a tal fine, del tempo strettamente necessario affinché, al termine delle verifiche preliminari, la constatazione dei fatti avrebbe potuto essere tradotta in accertamento, senza ingiustificati ritardi derivanti da disfunzioni burocratiche o artificiose protrazioni nello svolgimento dei compiti assegnati ai diversi organi (Cass. n. 9022 del 30/03/2023; Cass. n. 21171/2019). Inoltre, è stato precisato che (Cass. n. 27405/2019) il momento dell’accertamento – in relazione al quale va collocato il “dies a quo” del termine previsto dall’art. 14, comma 2, della l. n. 689 del 1981 per la notifica degli estremi della violazione – non coincide con quello di acquisizione del fatto nella sua materialità da parte dell’autorità che ha ricevuto il rapporto, ma va individuato nella data in cui detta autorità ha completato l’attività intesa a verificare la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi dell’infrazione, competendo al giudice di merito valutare la congruità del tempo utilizzato per tale attività, in rapporto alla maggiore o minore difficoltà del caso, con apprezzamento incensurabile in sede di legittimità, se correttamente motivato.

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