La falsa dichiarazione dei dati personali per evitare di pagare un verbale costa veramente cara a chi si sente astuto come un cervo.

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La falsa dichiarazione dei dati personali per evitare di pagare un verbale costa veramente cara a chi si sente astuto come un cervo.

Il Tribunale di Genova (Sez. I, Sent., 03-06-2020) ha condannato un automobilista -che si era sentito troppo furbo per essere attinto dalle sanzioni stradali, così fornendo in due occasioni false informazioni agli organi di polizia stradale circa la sua identità e residenza- alla pena della reclusione per anni uno e mesi due, oltre al pagamento delle spese processuali.

La questione è interessante più dal punto di vista sociale che dal punto di vista giuridico, a mio modestissimo avviso. La presunzione di idiozia che taluno pone a carico degli organi che espletano servizi di polizia stradale è imbarazzante, atteso che solo uno che è più idiota di chi ritiene lo sia, può sperare che i giochetti di false dichiarazioni inerenti l’identità personale, per eludere la notifica (e quindi il pagamento) di qualche verbale, possano andare impuniti in eterno.

Così, questo tizio, fermato ad un posto di controllo, dichiara alcune generalità, asserendo di aver dimenticato la patente e la carta d’identità; la cosa si ripete in una seconda occasione. I verbali (e le sanzioni accessorie) attingono un terzo soggetto che se ne duole; viene aperta un’indagine; viene identificato (banalmente incrociando i dati del proprietario del veicolo usato in entrambe le situazioni, con le informazioni anagrafiche) il vero trasgressore; parte il processo; arriva la condanna.

Condanna aggravata dall’artefizio e raggiro finalizzato alla locupletazione dell’ingiusto profitto consistente nel non aver sopportato le conseguenze pecuniarie dei verbali la cui notifica è andata a vuoto a causa di questo atteggiamento, furbo…

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