La liberalizzazione giurisprudenziale dei “rave party”: bel casino!

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La liberalizzazione giurisprudenziale dei “rave party”: bel casino!

Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui il Tribunale di Pisa aveva condannato un imputato perché ritenuto responsabile di avere organizzato, in concorso con altre persone non identificate, senza alcuna autorizzazione, una festa da ballo (c.d. «rave party») in luogo pubblico (art. 68 T.U.L.P.S.), la Corte di Cassazione (Cassazione penale, sezione I, sentenza 21 luglio 2017, n. 36228) ha cassato la condanna, accogliendo la tesi difensiva secondo cui – tra l’altro- il reato non sarebbe stato configurabile per difetto dell’imprenditorialità della condotta e per la mancata apertura al pubblico del terreno ove si era svolta la festa privata.

La sentenza in parola, testualmente recita: “La Corte costituzionale, con sentenza n. 56 del 1970, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 68 T.U.L.P.S., precisando che le disposizioni contenute nel citato articolo e nell’art. 666 c.p., – i quali dispongono che per trattenimenti di qualsiasi genere da tenere in luogo aperto al pubblico occorre la licenza del questore – violano l’art. 17 Cost., nella parte in cui si riferiscono a trattenimenti non indetti nell’esercizio di attività imprenditoriale. Mentre per questi ultimi può configurarsi un limite alla libertà di iniziativa economica giustificabile ai sensi dell’art. 41 Cost., gli altri trattenimenti, in quanto implicano esercizio della libertà di riunione, possono essere indetti senza necessità della licenza del questore. Dispone, infatti, l’art. 17 Cost., che i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi e che per le (loro) riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Il diritto di riunione è tutelato nei confronti della generalità dei cittadini, che, riunendosi, possono dedicarsi a quelle attività lecite, anche se per scopo di comune divertimento o passatempo (Corte cost. sent. n. 142 del 1967) e quindi a quei trattenimenti cui si riferiscono le norme sopra citate. Se, dunque, la riunione è indetta anche in luogo aperto al pubblico da persone che intendono riunirsi per attuare gli scopi anzidetti, fra i quali i trattenimenti di cui parlano le disposizioni R.D. 18 giugno 1931, n. 773, ex art. 68, e art. 666 c.p., nessuna autorizzazione e nessun preavviso occorre. Diversamente è a dirsi se la riunione, avente per oggetto un trattenimento di danza, di giuoco, di sport, ecc., è invece indetta in un pubblico locale da parte del titolare nell’esercizio della sua attività imprenditoriale. In tal caso non è il diritto di riunione quello che egli intende esercitare, bensì il diritto di libera iniziativa economica che gli consente di organizzare la propria azienda e di svolgervi le attività lecite inerenti alla sua impresa. Si è, cioè, non più nella sfera dei diritti dell’art. 17 Cost., ma di quelli tutelati dall’art. 41, che, peraltro, ammettono limiti e controlli nel pubblico interesse. In proposito va ricordato che con la precedente sentenza n. 142 del 1967, la Corte costituzionale ha dichiarato che l’art. 68 del T.U.L.P.S., approvato con R.D. 18 giugno 1931 n. 773, è costituzionalmente illegittimo, nei confronti dell’art. 17 Cost., nella parte nella quale vieta di dare feste da ballo in luogo esposto al pubblico senza la licenza del questore. Tanto premesso, non essendo emerso e neppure contestato che l’indicato trattenimento musicale sia stato posto in essere con finalità di lucro o nell’esercizio di un’attività imprenditoriale, non resta che escludere la sussistenza del fatto”.

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