Il consiglio di Stato con sentenza n. 4509/2019 ha ritenuto legittima la prescrizione imposta nella licenza di P.S. che prevede l’esposizione del cartello dell’orario dell’attività ed il rispetto degli orari imposti dal Sindaco in materia di apertura degli esercizi pubblici localizzati nel territorio“; pur non essendovi una normativa comunitaria specifica sul gioco d’azzardo, il Parlamento europeo ha approvato il 10 settembre 2013 una risoluzione nella quale si afferma la legittimità degli interventi degli Stati membri a protezione dei giocatori, anche se tali interventi dovessero comprimere alcuni principi cardine dell’ordinamento comunitario come, ad esempio, la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi. Invero, secondo il Parlamento europeo, il gioco d’azzardo non è un’attività economica ordinaria, dati i suoi possibili effettivi negativi per la salute e a livello sociale, quali il gioco compulsivo (le cui conseguenze e i cui costi sono difficili da stimare), la criminalità organizzata, il riciclaggio di denaro e la manipolazione degli incontri sportivi In ambito nazionale assume un rilievo centrale la disciplina del c.d. decreto Balduzzi, che ha attuato un intervento più organico in materia (d.l. 13 settembre 2012, n. 158, convertito dalla l. 8 novembre 2012, n. 189), affrontando diverse tematiche. In attuazione di tale disposizione, è stato approvato il Piano d’azione nazionale e ad oggi non essendo stato emanato il decreto ministeriale che avrebbe dovuto indicare criteri e indirizzi, le amministrazioni regionali e locali hanno adottato legittimamente, in assenza di una normativa di coordinamento di ambito statale, propri regolamenti in materia.
Gia con la a sentenza n. 4867/2018 il consiglio di Stato aveva stabilito che – con l’adozione di ordinanze restrittive degli orari apertura delle sale da gioco analoghe a quella di cui qui si controverte – le Amministrazioni “abbiano realizzato un ragionevole contemperamento degli interessi economici degli imprenditori del settore con l’interesse pubblico a prevenire e contrastare i fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo, non essendo revocabile in dubbio che un’illimitata o incontrollata possibilità di accesso al gioco accresca il rischio di diffusione di fenomeni di dipendenza, con conseguenze pregiudizievoli sia sulla vita personale e familiare dei cittadini, che a carico del servizio sanitario e dei servizi sociali, chiamati a contrastare patologie e situazioni di disagio connesse alle ludopatie.
Tanto sulla scorta del canone secondo cui il principio di proporzionalità permette la limitazione dei diritti e delle libertà nella misura in cui ciò risulti indispensabile per proteggere gli interessi pubblici e per il tempo necessario e commisurato al raggiungimento dello scopo prefissato dalla legge”. Infine nel respingere il ricorso il consiglio di stato ha richiamato il consolidarsi della giursprudenza nel 2018 su tale argomento richiamando le sentenze “gemelle” nn. 4438 e 4439 del 2018 che hanno già ritenuto che il contenimento dell’orario di apertura di una sala giochi entro il limite di 8 ore giornaliere, come nel caso di specie, sia “rispettoso in concreto del principio di proporzionalità, in funzione del quale i diritti e le libertà dei cittadini possono essere limitati solo nella misura in cui ciò risulti indispensabile per proteggere gli interessi pubblici, e per il tempo necessario e commisurato al raggiungimento dello scopo prefissato dalla legge (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 26 febbraio 2015, n. 964)”.