Legittima la riduzione del risarcimento in caso di mancato uso delle cinture di sicurezza

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Legittima la riduzione del risarcimento in caso di mancato uso delle cinture di sicurezza

I giudici della seconda sezione civile della Corte di Cassazione hanno affermato, con l’ordinanza n. 20230 del 31 luglio 2018 che quando il veicolo è in fila nel traffico, anche se momentaneamente in arresto, il conducente deve comunque aver indossato le cinture, mentre ne è esentato durante la fermata e la sosta.

IL CASO

Un automobilista proponeva ricorso innanzi al Giudice di Pace di La Spezia, avverso il verbale di infrazione con il quale gli era stata contestata la violazione dell’art. 172 per mancato uso delle cinture di sicurezza durante la guida. Il Giudice di Pace respingeva il ricorso. Avverso tale decisione l’automobilista proponeva appello davanti al Tribunale di La Spezia che veniva respinto in quanto, oltre ad aver evidenziato la genericità dell’atto impugnato riteneva che l’esonero dall’uso obbligatorio delle cinture di sicurezza dovesse essere accertato dalla competente ASL, mentre il ricorrente aveva prodotto soltanto un certificato medico. Considerava poi che la breve sosta del veicolo in fila dietro altri sulla direttrice di marcia non esprimesse una condizione di staticità e quindi non esonerasse il conducente dall’obbligo di usare la cintura di sicurezza. L’automobilista propone ricorso per cassazione, lamentando, tra l’altro la violazione e falsa applicazione degli artt.157 e 172 del codice della strada, in quanto il Tribunale avrebbe errato nel non ravvisare la situazione di staticità del veicolo e il conseguente esonero del conducente dall’uso della cintura di sicurezza.

LA DECISIONE

Gli Ermellini respingono il ricorso ritenendolo infondato perché la condizione di stasi, o di moto, del veicolo, in quanto necessariamente presupposta dalla contestazione relativa al mancato uso della cintura di sicurezza, costituisce oggetto diretto dell’accertamento eseguito dai verbalizzanti, e quindi non può essere posta in discussione se non attraverso la querela di falso. In argomento, occorre ribadire il principio per cui nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione relativo al pagamento di una sanzione amministrativa è ammessa la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale o rispetto alle quali l’atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile contraddittorietà oggettiva, mentre è riservata al giudizio di querela di falso, nel quale non sussistono limiti di prova e che è diretto anche a verificare la correttezza dell’operato del pubblico ufficiale, la proposizione e l’esame di ogni questione concernente l’alterazione nel verbale, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti e dell’effettivo svolgersi dei fatti. La Corte rileva che il precedente richiamato dal ricorrente (Cass. Sez. 2, sent. n. 9674 del 23/04/2007) si riferiva ad una fattispecie completamente diversa da quella oggetto del presente giudizio: in quel caso, infatti, il veicolo era fermo in fila con altri veicoli, in attesa di accedere ad un parcheggio quando si fossero liberati i necessari posti. La differenza tra le due fattispecie va colta nel fatto che quando il veicolo è in coda lungo la direttrice di marcia, a causa del traffico o per altro motivo, si realizza una situazione analoga a quella che si verifica in presenza di un semaforo indicante luce rossa: la “sosta”, in queste ipotesi, non esprime una condizione di stasi, ma semplicemente un momentaneo arresto dovuto a contingenze o ad esigenze di sicurezza della circolazione. Questa condizione, in altri termini, proprio in virtù della sua natura temporanea non solo non esclude la circolazione del veicolo, ma anzi la conferma.

Cassazione civile sezione II, Ordinanza n.20230 del 31 luglio 2018

FATTI DI CAUSA

Con ricorso proposto innanzi il Giudice di Pace di La Spezia, DFC impugnava il verbale di infrazione con il quale gli era stata contestata la violazione dell’art.172 commi 1-10 CdS, avvenuta il 4.5.2012 per mancato uso delle cinture di sicurezza durante la guida. Il Giudice di Pace, con sentenza n.242/2013, respingeva il ricorso compensando le spese. Proponeva appello avverso detta decisione il DF ed il Tribunale di La Spezia, con la sentenza qui impugnata, n.183/2015, respingeva l’appello condannando l’appellante alle spese.

Il Tribunale, dopo aver rilevato la genericità dell’atto di impugnazione, riteneva che l’esonero dall’uso obbligatorio delle cinture di sicurezza dovesse essere accertato dalla competente ASL, mentre il DF aveva prodotto soltanto un certificato medico. Considerava poi che la breve sosta del veicolo in fila dietro altri sulla direttrice di marcia non esprimesse una condizione di staticità e quindi non esonerasse il conducente dall’obbligo di usare la cintura di sicurezza. Interpone ricorso avverso detta decisione il DF affidandosi a tre motivi.

La Prefettura di La Spezia è rimasta intimata. Il P.G. ha depositato conclusioni scritte. Il ricorrente ha depositato memori.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art.342 c.p.c. in relazione all’art.360 n.3 c.p.c., perché il giudice di appello avrebbe erroneamente considerato generico l’atto di impugnazione del DF. La censura è inammissibile perché il Tribunale, dopo aver rilevato la genericità dei motivi di gravame proposti dall’appellante, li ha comunque esaminati e respinti nel merito. Pertanto il motivo, da un lato non coglie la ratio della decisione del giudice di merito, e dall’altro non è sostenuto da un interesse concreto del ricorrente.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt.157 e 172 CdS in riferimento all’art.360 n.3 c.p.c., in quanto il Tribunale avrebbe errato nel non ravvisare la situazione di staticità del veicolo e il conseguente esonero del conducente dall’uso della cintura di sicurezza. Il motivo è infondato. Ed invero dalla sentenza impugnata emerge che il ricorrente aveva dedotto, nei precedenti gradi di merito, di essere in coda lungo la direttrice di marcia. In base a tale deduzione, il Tribunale ha escluso che il veicolo potesse essere considerato in condizione statica e ha rilevato che l’uso della cintura di sicurezza si esplica anche durante una “breve sosta” nell’ambito di una coda di veicoli, essendo diretto a prevenire il rischio di tamponamento. Trattasi di accertamento di fatto, che non può costituire oggetto di rivalutazione da parte della Corte di cassazione. Peraltro, occorre sottolineare che la condizione di stasi, o di moto, del veicolo, in quanto necessariamente presupposta dalla contestazione relativa al mancato uso della cintura di sicurezza, costituisce oggetto diretto dell’accertamento eseguito dai verbalizzanti, e quindi non può essere posta in discussione se non attraverso la querela di falso. In argomento, occorre ribadire il principio per cui “Nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione relativo al pagamento di una sanzione amministrativa è ammessa la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale o rispetto alle quali l’atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile contraddittorietà oggettiva, mentre è riservata al giudizio di querela di falso, nel quale non sussistono limiti di prova e che è diretto anche a verificare la correttezza dell’operato del pubblico ufficiale, la proposizione e l’esame di ogni questione concernente l’alterazione nel verbale, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti e dell’effettivo svolgersi dei fatti” (Cass. Sez. U, Sentenza n.17355 del 24/07/2009, Rv.609190; conformi, Cass. Sez. 2, Sentenza n.232 del 11/01/2010, Rv.610808; Cass. Sez. 2, Sentenza n.2434 del 02/02/2011, Rv.616575; Cass. Sez. 2, Sentenza n.3705 del 14/02/2013, Rv.624937).

Va inoltre rilevato che il precedente richiamato dal ricorrente (Cass. Sez. 2, Sentenza n.9674 del 23/04/2007, non massimata) si riferiva ad una fattispecie completamente diversa da quella oggetto del presente giudizio: in quel caso, infatti, il veicolo -come si legge nella citazione contenuta a pag.4 del ricorso- era fermo in fila con altri veicoli, in attesa di accedere ad un parcheggio quando si fossero liberati i necessari posti. La differenza tra le due fattispecie va colta nel fatto che quando il veicolo è in coda lungo la direttrice di marcia, a causa del traffico o per altro motivo, si realizza una situazione analoga a quella che si verifica in presenza di un semaforo indicante luce rossa: la “sosta”, in queste ipotesi, non esprime una condizione di stasi, ma semplicemente un momentaneo arresto dovuto a contingenze o ad esigenze di sicurezza della circolazione. Questa condizione, in altri termini, proprio in virtù della sua natura temporanea non solo non esclude la circolazione del veicolo, ma anzi la conferma. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art.360 n.5 c.p.c. perché il Tribunale non avrebbe rilevato la sussistenza, nel caso concreto, di una situazione di necessità rilevante ai sensi di quanto previsto dall’art.4 della legge n.689/81. Il motivo è inammissibile, poiché il ricorrente non deduce in quale momento del giudizio di merito sia stato dedotta l’esistenza di uno stato di necessità. Inoltre, esso non attinge completamente la ratio della sentenza appellata, considerato che il Tribunale aveva ritenuto che la condizione necessitata dovesse emergere da un accertamento condotto dalla ASL, e non da un semplice certificato medico, e che il ricorrente non contesta tale assunto, limitandosi in sostanza a ribadire la 6sufficienza del certificato da lui prodotto.

In definitiva, il ricorso va rigettato. Nulla per le spese, in difetto di costituzione dell’intimato. Poiché il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’arti comma 17 della Legge n.228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art.13 del Testo Unico di cui al D.P.R. n.115 del 2002, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art.13 comma 1-quater del D.P.R. n.115/2002, inserito dall’arti comma 17 della Legge n.228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’arti-bis dello stesso art.13. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile

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