Liquami provenienti da autolavaggi: reflui industriali o rifiuti liquidi?

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La definizione di acque reflue nel Testo Unico dell’Ambiente

L’articolo 74 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (cd. Testo Unico dell’Ambiente) definisce tre tipologie di acque reflue:

  • acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente da metabolismo umano e da attività domestiche;
  • acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento;
  • acque reflue urbane: acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato.

La distinzione tra acque reflue domestiche ed acque reflue industriali è dirimente non solo per l’aspetto autorizzatorio, ma soprattutto, per quello sanzionatorio, poiché solo uno scarico di acque reflue industriali non autorizzato potrà configurare il reato, sanzionato dall’articolo 137 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

Le acque reflue assimilate alle acque reflue domestiche

L’articolo 101, comma 7, d.lgs. 3 aprile 1992, n. 152, assimila alle acque reflue domestiche, sottraendole quindi all’eventuale disciplina sanzionatoria di rilievo penale, le seguenti acque reflue:

  1. provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura;
  2. provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame;
  3. provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarità funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall’attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;
  4. provenienti da impianti di acqua coltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e che si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1Kg per metro quadrato di specchio d’acqua o in cui venga utilizzata una portata d’acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo;
  5. aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale;
  6. provenienti da attività termali, fatte salve le discipline regionali di settore.

Liquami provenienti da autolavaggio: reflui industriali

È stato ritenuto configurabile il reato di cui all’articolo 137 del d.lgs. n. 152/2006, dovendosi richiamare il principio enunciato dalla Corte di Cassazione (Sezione 3, n. 51889 del 21/07/2016; Sezione 3, n. 3450 del 28 febbraio 2020), secondo cui, in tema di tutela delle acque dall’inquinamento, lo scarico dei reflui provenienti da impianti di autolavaggio, eseguito in assenza di autorizzazione, integra il reato di cui all’articolo 137, comma primo, del d.lgs. n. 152/2006, non potendo tali acque essere assimiliate a quelle domestiche.

Gli impianti di autolavaggio hanno natura di insediamenti produttivi e non di insediamenti civili, in considerazione della qualità inquinante dei reflui, diversa e più grave rispetto a quella dei normali scarichi da abitazioni, e per la presenza di residui quali oli minerali e sostanze chimiche contenute nei detersivi e nelle vernici eventualmente staccatesi dalle vetture usurate.

Ne consegue che lo scaricodi tali acque, di natura industriale, operato senza autorizzazione, è certamente idoneo a integrare il reato contestato, che ha natura di reato di pericolo, non assumendo peraltro, rilievo dirimente, la circostanza che i prelievi su alcuni degli scarichi siano risultati nella norma.

Liquami provenienti da autolavaggio: rifiuti liquidi

L’articolo 74, comma 1, lett. ff) del d.lgs. n. 152/2006, definisce scarico:«qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all’articolo 114».

Consegue che in assenza di immissione diretta nel suolo, nel sottosuolo o nella rete fognaria mediante una condotta o un sistema stabile di collettamento, i liquami sono da considerarsi rifiuti allo stato liquido, soggetti alla distinta disciplina di cui alla parte quarta del d.lgs. 152/2006.

Tanto premesso, la giurisprudenza di legittimità ha recentemente chiarito che, «se in un impianto di autolavaggio è realizzata “una fossa di cemento”, nella quale vengono regolarmente fatti convogliare i liquami,non può più configurarsi il reato di cui all’articolo 137, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006», venendo meno gli estremi della definizione di scarico, di cui all’articolo 74, comma 1, lett. ff) del d.lgs. n. 152/2006(Corte di Cassazione, Sezione 3, 18 marzo 2022, n. 9242).

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