Nel giudizio di opposizione alle sanzioni amministrative il giudice ridetermina liberamente l’entità della sanzione da infliggere.
La pacifica giurisprudenza sella Suprema Corte evidenzia che, in tema di sanzioni amministrative pecuniarie, ove la norma indichi un minimo e un massimo della sanzione, spetta al potere discrezionale del giudice (innanzi a cui si sia proposto ricorso in opposizione a norma del D.lgs 150/2011) determinarne l’entità entro tali limiti, allo scopo di commisurarla alla gravità del fatto concreto, globalmente desunta dai suoi elementi oggettivi e soggettivi. Peraltro, il giudice non è tenuto a specificare nella sentenza i criteri adottati nel procedere a detta determinazione, nè la Corte di cassazione può censurare la statuizione adottata ove tali limiti siano stati rispettati e dal complesso della motivazione risulti che quella valutazione è stata compiuta (cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 6778 del 02/04/2015; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 9255 del 17/04/2013; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 5877 del 24/03/2004; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 10976 del 10/12/1996).
Insomma, se riflettiamo un attimo sulle parole di Cass. civ. Sez. VI – 2, Ord., 08-11-2021, n. 32411, l’autorità amministrativa che irroga la sanzione deve motivare l’entità di questa, l giudice che la ridetermina, fa –più o meno- come gli pare.