Offendere la reputazione di una persona, nel caso di specie di un Comandante di Polizia Municipale, attraverso uno scritto inviato anche ad una cerchia ristretta di persone, non adottando alcuna cautela, e facendo si che nelle modalità di recapito non siano state adottate opportune cautele di riservatezza rende applicabile il reato di cui all’articolo 595 comma 2 Cod. Pen.
Nel caso della sentenza del Giudice di Pace di Teano, l’imputato aveva accusato un Comandante della Polizia Municipale di complicità con non ben determinate persone accusandolo di favorire le loro attività illecite. Dette offese venivano, messe nero su bianco e trasmesse al comune a mezzo protocollo ed indirizzate all’ amministrazione comunale nonché agli altri organi burocratici del comune. L’imputato non adottava alcuna cautela affinchè lo scritto fosse recapitato solamente alle persone in indirizzo non garantendo in questo modo la riservatezza necessaria e facendo si che lo scritto fosse nella disponibilità anche di altre persone. Infatti la nota veniva protocollata in modalità ordinaria e visibile da chiunque potesse accedere al sistema e non veniva adottata alcuna cautela di riservatezza. In tale comportamento vi è una piena consapevolezza nell’operato dell’imputato e va rilevato il dolo generico nella condotta posta in essere in quanto lo stesso era consapevole della portata lesiva di tale comportamento e del contenuto degli scritti. Nel corso del processo l’imputato non ha dato alcuna prova dei fatti attribuiti alla parte offesa, e quindi è stata accolta la tesi del pubblico ministero sulla configurazione del reato di diffamazione, piu grave del reato d’ingiuria di cui all’articolo 595 Cod. Pen. la fattispecie concreta della diffamazione è stata pienamente accertata in quanto la fattispecie presenta tutti i requisiti tipici del reato contestato: l’offesa contenuta negli scritti inviati, la diffusione e la divulgazione ad una cerchia non determinata di persone.
vedi sentenza