Secondo la Cassazione penale(Sez. IV, 25/05/2023, n. 22682), ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 187 cod. strada non è sufficiente che l’agente si sia posto alla guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, essendo necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione psico-fisica causato da tali sostanze. Lo stato di alterazione, laddove non vi sia un accertamento medico sul punto, può essere ritenuto provato in forza di elementi sintomatici relativi alla condizione soggettiva del conducente, inerenti al momento del fatto. Ne consegue dunque che lo stato di alterazione psico-fisica da assunzione di sostanze stupefacenti non può essere desunto dalla mera verificazione di un incidente coinvolgente ovvero provocato dal soggetto agente, in assenza di elementi sintomatici, in ipotesi anche inerenti alle modalità di verificazione del sinistro, tali da far desumere, all’esito di un processo logico inferenziale, la detta condizione soggettiva del conducente al momento del fatto, cioè al momento della guida del veicolo.
Parto da questa recente sentenza perché vorrei attirare l’attenzione degli addetti ai lavori fuori dal contesto delle implicazioni morali legate alla stupida follia di una generazione le cui colpe risalgono anche a quelle dei padri.
Si legge sulla stampa (il Tempo.it, 15 giugno 2023): “È risultato positivo ai cannabinoidi il ventenne indagato a Roma nell’ambito dell’inchiesta sull’incidente di Casal Palocco nel quale è morto il piccolo Manuel Proietti”.
Sicuramente gli investigatori che stanno operando hanno tutta la professionalità che il caso richiede, ma speriamo che diversamente dal popolo comune, quello degli addetti ai lavori, non perda di vista che, in casi come questi, tra le cose più importanti, resta la chiara ed inequivocabile documentazione e prova dello “stato di alterazione psico fisica”, al momento (o comunque nelle fasi immediatamente successive) del fatto illecito (nel caso che ci occupa, di estrema tragicità).
L’articolo 589 bis del codice penale è sì capace di sprigionare tutta la sua forza repressiva in casi come questi, ma la prova si forma nel processo ed al processo si deve arrivare con prove serie e raccordi logici ineffabili, tra fatto, colpevolezza e nesso.
Buon lavoro a chi sta sapientemente tessendo la tela per dare almeno giustizia a chi porterà sempre con seun inestinguibile dolore.
Buon lavoro alla nostra “società civile”, che deve cercare di invertire la rotta di questa “deriva” assurda che sta allignando tra i giovani e che ogni giorno contamina -per un assurdo processo di inversione osmotica- anche quelli più vecchi.