Il reato di “traffico di influenze illecite”, il “mose” ed il “favor rei”. Effetti distorsivi di norme approssimative.

0
5

La legge “anticorruzione”, tra l’altro, ha introdotto anche il nuovo reato di “traffico di influenze illecite, rubricandolo all’articolo 346 bis cp.

Il primo comma di detta norma recita: “Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 319 e 319-ter, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sè o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio ovvero per remunerarlo, in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, è punito con la reclusione da uno a tre anni”.

Detta norma, topograficamente collocata dopo quella che disciplina il “millantato credito” (“Chiunque, millantando credito presso un pubblico ufficiale, o presso un pubblico impiegato che presti un pubblico servizio, riceve o fa dare o fa promettere, a sé o ad altri, denaro  o altra utilità, come prezzo della propria mediazione verso il pubblico ufficiale o impiegato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 309 a euro 2.065”) a dispetto delle proclamate intenzioni di rigore, finisce con il creare un trattamento di favore nei confronti degli autori di simili condotte.

A tali conclusioni perviene la sezione VI della Cassazione penale, con la sentenza depositata lo scorso 11 dicembre 2014, recante numero 51688.

“Si può dunque affermare il seguente principio di diritto: le condotte di colui che, vantando un’influenza effettiva verso il pubblico ufficiale, si fa dare o promettere denaro o altra utilità come prezzo della propria mediazione o col pretesto di dover comprare il favore del pubblico ufficiale, condotte finora qualificate come reato di millantato credito ai sensi dell’art. 346 c.p., commi 1 e 2, devono, dopo l’entrata in vigore della L. n. 190 del 2012, in forza del rapporto di continuità tra norma generale e norma speciale, rifluire sotto la previsione dell’art. 346 bis c.p., che punisce il fatto con pena più mite”.

La domanda che nasce spontanea è la seguente: il Legislatore del 2012 si era accorto di questo effetto distorsivo o è stata solo leggerezza?

Pino Napolitano

 

P.A.sSiamo

Pubblicità

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui