Posto riservato all’autovettura di un invalido: grava sull’Amministrazione assicurare che il titolare fruisca del parcheggio

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I giudici del Consiglio Giustizia Amministrativa della regione siciliana con la sentenza n. 356 del 18 giugno 2018 rilevano che la sola segnaletica apposta in corrispondenza di un parcheggio per disabile, che reca bene impressa la targa della vettura in uso alla ricorrente, non valga da sola ad impedire che altri automobilisti occupino quel medesimo parcheggio.

IL CASO

Una signora invalida al 100%, aveva trasmesso istanza al Comune di Palermo finalizzata ad ottenere che l’area di parcheggio datale in concessione dinanzi alla propria abitazione fosse delimitata, mediante dissuasori mobili, ricevendo un primo diniego. In particolare, aveva chiesto che tali dissuasori assumessero la forma “di pali o paletti” disposti lungo il perimetro con eventuale simbolo di accessibilità ai sensi dell’art. 381 del regolamento di attuazione del codice della strada. Avverso tale diniego, proponeva ricorso davanti al Tribunale Amministrativo Regionale che lo accoglieva precisando che, nel conformarsi alla sentenza, il Comune avrebbe dovuto effettuare un sopralluogo e verificare se, anche al fine di contemperare le esigenze della sicurezza e della incolumità pubblica con quella di inibire la sosta ai non autorizzati, fosse possibile il posizionamento di appositi dissuasori. Il Comune, rimasto inizialmente inerte, procedeva ad effettuare il sopralluogo e all’esito ribadiva il proprio diniego motivandolo con l’impossibilità di collocare dei dissuasori per diverse ragioni tra le quali il fatto che, trattandosi di uno spazio stradale aperto alla circolazione, la loro presenza avrebbe potuto ostacolare la manovra dei veicoli. Anche avverso questo diniego veniva proposto un secondo ricorso, nella sede dell’ottemperanza, ritenendo che l’Ente non avesse, in questo modo, dato corretta esecuzione alla sentenza di cognizione, ma il Tribunale Amministrativo lo respingeva, ritenendo che, al contrario, la prima sentenza fosse stata eseguita, sebbene con un provvedimento conclusivo di segno negativo per la ricorrente. Avverso la decisione veniva proposto appello davanti al Consiglio di Giustizia Amministrativa della Sicilia.

LA DECISIONE

I giudici hanno ritenuto fondato il ricorso e lo hanno accolto. Grava pertanto sull’Amministrazione comunale un obbligazione di risultato, il cui oggetto consiste nel porre in essere tutto ciò che sia necessario per assicurare alla titolare della concessione l’effettiva fruizione del parcheggio; rimettendo peraltro alla stessa Amministrazione la scelta delle modalità ritenute più utili e opportune per adempiere a tale obbligazione. La ricorrente aveva chiesto, a più riprese, che tale obbligazione fosse adempiuta secondo una modalità precisa, ossia attraverso la collocazione di dissuasori, con una tecnica efficace e non particolarmente onerosa che il Comune aveva però reputato poco compatibile, tra l’altro, con le esigenze della circolazione e con lo stato dei luoghi, prospettando anche che mediante l’utilizzo di catene, sbarre o barriere, si veniva a configurare una vera e propria occupazione del suolo pubblico. I giudici a fronte di tale posizione del Comune, osservavano quali potevano essere altre e diverse modalità per assicurare il medesimo obiettivo primario, che era quello della fruizione effettiva e indisturbata del parcheggio in capo all’avente diritto. Questa modalità ben potrebbero consistere, inter alia, in aggiunta o in sostituzione rispetto a “dissuasori”, la cui tipologia è a scelta del Comune, quali catene, sbarre elettriche, pali retrattili, nel posizionamento di telecamere in chiave deterrente, ovvero nella costante presenza fisica di un vigile urbano che impedisca l’uso del parcheggio da parte di terzi o che, quanto meno, ne sanzioni sul piano amministrativo le condotte contrarie al codice della strada, nella pronta disponibilità di un servizio di rimozione dei veicoli che occupino abusivamente il posto auto riservato.

Consiglio Giustizia Amministrativa Sicilia sentenza n. 356 del 18 giugno 2018

SENTENZA

ex artt. 38 e 114 cod. proc. amm. sul ricorso numero di registro generale 371 del 2017, proposto da:

Valeria Torre, rappresentata e difesa dall’avvocato Manlio Mannino, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via Salvatore Meccio, 16;

contro

Comune di Palermo, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Vincenzo Criscuoli, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, piazza Marina, 39;

per la riforma della sentenza del T.A.R. SICILIA – PALERMO: sezione III n. 154/2017, resa tra le parti, concernente ottemperanza al giudicato formatosi sulla sentenza del T.A.R. SICILIA-PALERMO, sezione III, n. 1785/2015

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Palermo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2018 il Cons. Hadrian Simonetti, uditi per le parti gli Avvocati Manlio Mannino ed Ezio Tomasello su delega di Vincenzo Criscuoli;

  1. L’odierna ricorrente, invalida al 100%, ha chiesto al Comune di Palermo che l’area di parcheggio datale in concessione dinanzi alla propria abitazione, in Via C. all’altezza del civico 35, fosse delimitata, mediante dissuasori mobili, ricevendo un primo diniego, con atto del 2.10.2014.

In particolare, ha chiesto che tali dissuasori assumessero la forma “di pali o paletti” disposti lungo il perimetro con eventuale simbolo di accessibilità ai sensi dell’art. 381 del regolamento di attuazione del Codice della strada.

  1. Proposto ricorso avverso tale diniego, il Tar con sentenza n. 1785/2015 lo ha accolto precisando che, nel conformarsi alla sentenza, il Comune avrebbe dovuto effettuare un sopralluogo e verificare se, anche al fine di contemperare le esigenze della sicurezza e della incolumità pubblica con quella di inibire la sosta ai non autorizzati, fosse possibile il posizionamento di appositi dissuasori.
  2. Il Comune, rimasto inizialmente inerte, procedeva in un secondo momento ad effettuare il sopralluogo e all’esito ribadiva il proprio diniego, con atto del 30.5.2016, affermando l’impossibilità di collocare dei dissuasori per diverse ragioni tra le quali il fatto che, trattandosi di uno spazio stradale aperto alla circolazione, la loro presenza ostacolerebbe la manovra dei veicoli.
  3. Proposto un secondo ricorso, nella sede dell’ottemperanza, assumendo che il Comune non avesse, in questo modo, dato corretta esecuzione alla sentenza di cognizione, il Tar lo ha respinto, con la sentenza 154/2017, ritenendo che, al contrario, la prima sentenza fosse stata eseguita, sebbene con un provvedimento conclusivo di segno negativo per la ricorrente.
  4. Avverso la sentenza 154/2017 è proposto il presente appello, deducendone l’erroneità sul rilievo che la condotta complessiva del Comune non sarebbe stata rispettosa della sentenza di cognizione 1785/2015, come dimostrerebbero anche le modalità del sopralluogo, non essendosi uniformato al suo contenuto conformativo, finendo per riproporre le medesime ragioni ostative poste alla base del primo diniego.

Costituitosi il Comune, chiedendo la reiezione dell’appello, nella camera di consiglio del 24.5.2018 la causa è passata in decisione.

  1. L’appello è fondato e va accolto, nei seguenti termini.

Occorre muovere dalla esatta individuazione del bene della vita coltivato dalla ricorrente attraverso l’intera vicenda processuale; bene consistente, in estrema sintesi, nella concreta ed effettiva possibilità di fruire del parcheggio auto avuto in concessione dal Comune in quanto persona disabile al 100%.

Ciò sul rilievo – non contestato in punto di fatto neppure dal Comune e invero piuttosto sconfortante sul piano sociale – che, allo stato, la sola segnaletica apposta in corrispondenza di tale parcheggio, che reca bene impressa la targa della vettura in uso alla ricorrente, non valga da sola ad impedire che altri automobilisti occupino quel medesimo parcheggio.

Ciò premesso, si deve ritenere che gravi sull’Amministrazione comunale un’obbligazione di risultato, il cui oggetto consiste nel fare tutto ciò che sia necessario per assicurare alla titolare della concessione l’effettiva fruizione del parcheggio; rimettendo peraltro alla stessa Amministrazione la scelta delle modalità ritenute più utili e opportune per adempiere a tale obbligazione.

L’odierna appellante ha chiesto, a più riprese, che tale obbligazione fosse adempiuta secondo una modalità precisa, ossia attraverso la collocazione di dissuasori, con una tecnica – all’apparenza efficace e non particolarmente onerosa – che il Comune ha però sinora reputato poco compatibile, tra l’altro, con le esigenze della circolazione e con lo stato dei luoghi, infine prospettando anche che in tal modo (e mediante l’utilizzo di catene, sbarre o barriere) si potrebbe configurare una vera e propria occupazione del suolo pubblico.

A fronte di tale posizione del Comune, osserva il Collegio come vi possano essere altre modalità per assicurare il medesimo obiettivo primario – che rimane, come veduto, la fruizione effettiva e indisturbata del parcheggio in capo all’avente diritto; modalità che ben potrebbero consistere, inter alia, in aggiunta o in sostituzione rispetto a “dissuasori” (la cui tipologia è a scelta del Comune, quali catene, sbarre elettriche, pali retrattili), nel posizionamento di telecamere in chiave deterrente, ovvero nella costante presenza fisica di un vigile urbano che impedisca l’uso del parcheggio da parte di terzi o che, quanto meno, ne sanzioni sul piano amministrativo le condotte contrarie al Codice della strada, nella pronta disponibilità di un servizio di rimozione dei veicoli che occupino abusivamente il posto auto riservato.

Quel che non è dato consentire, di sicuro, è che le infrazione dei singoli si giovino dell’assenza di controlli da parte dell’autorità competente.

  1. In conclusione, deve ritenersi che il Comune con l’attività posta in essere all’indomani della sentenza del Tar del 2015 ne abbia eluso il contenuto di fondo e che sia necessario che a tale sentenza si dia corretta esecuzione assicurando, attraverso una o più (di una) delle modalità sopra indicate, la concreta ed effettiva fruizione del parcheggio.

Per verificare che ciò accada, e che non si rendano necessarie da parte di questo Giudice l’adozione di ulteriori misure, ordinatorie e di ordine patrimoniale (richieste con l’appello), il Comune dovrà alla scadenza di 90 giorni dalla comunicazione della presente sentenza depositare una relazione scritta che illustri le modalità operative con cui ha inteso assicurare tale fruizione del parcheggio, rinviando la causa ad una camera di consiglio successiva per valutare tali risultanze. Durante lo stesso periodo parte ricorrente ben potrà dare conto di eventuali infrazioni di terzi che le impediscano di parcheggiare.

  1. Ogni altra decisione, anche sulle spese, è riservata al definitivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, parzialmente pronunciando, accoglie l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, ordina al Comune di ottemperare alla sentenza 1785/2015 nei termini di cui in motivazione;

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