Provvedimento di chiusura di locale pubblico per la presenza di precedenti penali.

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E’ ammissibile un provvedimento di revoca di autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande per esigenze di ordine e di sicurezza sociale, basato unicamente su una precedente condanna penale per associazione mafiosa del 1987?

Secondo il Consiglio di Stato, sez. III, 02/05/2016, n. 1681, l’unico e sporadico episodio, (peraltro riferito ad un dipendente del bar che, in realtà, si assume essere il reale gestore del locale), non può essere posto a fondamento del provvedimento inibitorio in quanto i fatti sono risalenti nel tempo e poi perché la libertà vigilata, accordata dopo aver scontato la pena, ha lo scopo di favore il reinserimento sociale del soggetto, attraverso una stabile attività lavorativa.

Ricorda, il Collegio, che i provvedimenti emessi in materia di “antimafia” assumono rilevanza, oltre  i fatti recenti, anche i fatti più risalenti nel tempo, quando gli elementi raccolti dal Prefetto a tal fine siano sintomatici di un condizionamento attuale dell’attività dell’impresa. Tali elementi, però, non possono essere richiamati apoditticamente, ma vanno valutati caso per caso, rendendo attuale il controllo e la verifica della sussistenza di tali elementi.

Nel caso di specie, ad esempio, il dipendente risultava essere amico di infanzia del titolare, oggi sposato e padre di due figli minorenni, non veniva riscontrato nessun elemento negativo  nel lungo periodo trascorso dalla condanna, risalente a quando aveva vent’anni. Di più. Anche le frequentazioni del bar da parte di soggetti gravati da pregiudizi di p.s., sono risultate episodiche e non recenti e, dunque, non appaiono assumere un particolare significato, trattandosi di un locale pubblico in un paese che ne conta pochi (per di più, sottolinea l’appellato, di un bar costantemente frequentato dai militari della locale stazione dei Carabinieri, distante duecento metri), in un contesto territoriale difficile. Come dire, se il locale è addirittura frequentato anche dai militari dell’Arma, come può affermarsi con certezza che il bar fosse frequentato da soggetti discutibili.

Come al solito, la giurisprudenza richiama all’ordine la P.A. nell’obbligo di motivare congruamente e esaustivamente i provvedimenti, a maggior ragione quando sono profondamente incisivi nella sfera personale e patrimoniale.

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