Qual è l’esatto significato di “salvo i diritti dei terzi”?

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Quante volte abbiamo letto, inserita come clausola di salvaguardia, l’espressione “salvo i diritti dei terzi” nei titoli edilizi?

Qual è, in realtà, la reale portata di tale espressione, ma, soprattutto, tutela il Dirigente e il cosiddetto “terzo” che possa lamentare un pregiudizio dagli effetti del titolo stesso?

A tale proposito Tar Sardegna, sez. I, 25/02/2022, n. 135 ha affrontato l’argomento e ne ha verificato l’esatto significato.

Osserva il Collegio che l’art. 11 del d.p.r. n. 380/2001 prevede, al comma 1°, che il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a “chi abbia titolo” per richiederlo; allo stesso modo, l’art. 23 del richiamato testo normativo abilita alla presentazione della D.I.A. (oggi SCIA) per l’esecuzione di interventi edili minori il proprietario dell’immobile o “chi abbia titolo”.

Sul piano istruttorio, quindi, l’Amministrazione comunale, cui è rimessa la delibazione di conformità urbanistica di ogni progetto edilizio, deve verificare, tra l’altro, che esista il titolo giuridico per realizzare l’intervento, la cui esistenza costituisce presupposto di legittimità sia degli interventi che implicano il rilascio del permesso di costruire sia per l’esecuzione di opere soggette a SCIA, anche se la giurisprudenza amministrativa ha da sempre escluso un obbligo del Comune di effettuare complessi accertamenti istruttori al fine di acclarare la mancanza di elementi che possano limitare il titolo abilitativo.

Più precisamente, in tale attività procedimentale, secondo una consolidata giurisprudenza condivisa dal Collegio, deve escludersi un obbligo del Comune di effettuare complessi accertamenti diretti a ricostruire tutte le vicende riguardanti la titolarità del bene o di verificare l’inesistenza di servitù o altri vincoli reali che potrebbero limitare l’attività edificatoria richiesta, atteso che il titolo edilizio è un atto amministrativo che rende semplicemente legittima l’attività edilizia nell’ordinamento pubblicistico e regola solo il rapporto che, in relazione a quell’attività, si pone in essere tra l’Autorità amministrativa che lo emette ed il soggetto a favore del quale è emesso, ma non attribuisce a favore di tale soggetto diritti soggettivi conseguenti all’attività stessa, la cui titolarità deve essere sempre verificata alla stregua della disciplina fissata dal diritto comune.

Il rilascio del titolo edilizio, inerendo come detto al rapporto pubblicistico amministrativo tra Pubblica Amministrazione e privato costruttore, non incide cioè sui rapporti tra privati ma lascia impregiudicati i diritti degli aventi diritto, titolari di posizioni giuridicamente rilevanti derivanti dalla (eventuale) violazione delle disposizioni del codice civile o dalle norme regolamentari integratrici, che dovranno però essere fatti valere nelle opportune sedi giudiziali ordinarie.

Conclude, poi, il Collegio osservando che l’espressione “fatti salvi i diritti dei terzi” contenuta nei titoli edilizi sta a significare appunto che l’Amministrazione certifica la conformità dell’intervento alla normativa edilizia e urbanistica, ma non ha responsabilità nel caso in cui, malgrado l’espletamento di una sommaria attività di verifica della legittimazione, l’intervento pregiudichi i diritti di un terzo, ad esempio un confinante, che per tutelarsi potrà ricorrere al giudice ordinario.

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