Quesito: Coadiutori e collaboratori familiari in attività di somministrazione.

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Gentile Comandante Pezzullo, le pongo il seguente quesito, che ci vede divisi nel nostro comando.

In un bar o altro pubblico esercizio possono esercitare attività di somministrazione dietro al banco i collaboratori familiari o coadiutori familiari? Devono essere iscritti all’Inps?

E che differenza c’è tra collaboratori e coadiutori?

Ringraziamo per il chiarimento che vorrà fornirci.

Comando Polizia Municipale di P. (NA)

 

Risposta

Iniziamo a dare una prima diretta risposta alla prima domanda posta.

Non si è a conoscenza di alcuna norma che vieti la prestazione lavorativa dei coadiutori e collaboratori familiari; possiamo, pertanto, affermare che sia i collaboratori familiari che i coadiutori familiari possono prestare la propria opera in qualsiasi pubblico esercizio e fornire il servizio agli avventori, anche se con modalità estremamente diverse, come vedremo in seguito dall’esame di entrambe le prestazioni.

Passando, quindi, alla seconda parte del quesito, riteniamo che, per fornire un più sicuro parere, è necessario definire la differenza tra le due figure del coadiutore familiare e collaboratore familiare.

Il coadiutore familiare è colui che continuamente e assiduamente presta il proprio lavoro in una azienda e magari fa parte di una impresa familiare; in pratica è considerato alla stregua di un dipendente dell’impresa.

Di conseguenza dovrà essere oggetto di ogni forma di tutela sociale e sanitaria, con la iscrizione all’INPS ed all’INAIL ed essere, inoltre, in possesso dei requisiti sanitari in caso di esercizio dell’attività in materia alimentare.

Il collaboratore familiare, invece, presta la propria opera in modo occasionale o talvolta accidentale; può fornire aiuto al titolare dell’impresa fino a 720 ore all’anno, pari a 90 giorni, senza bisogno di iscrizione all’INPS.

In particolare, lo stesso Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con due Circolari, la n. 37/00147 del 10 giugno 2013 e la n. 37/0014184 del 5 agosto 2013, indirizzate alle Direzioni Regionali e Territoriali del Lavoro ed all’INPS e all’INAIL, ha fornito indicazioni agli Ispettori sulle verifiche da fare in caso di presenza di collaboratori familiari nelle attività imprenditoriali.

In sostanza, dalla lettura delle predette Circolari possiamo desumere che non sono dovuti i contributi per i collaboratori familiari, per prestazioni di natura occasionale rese dal familiare nell’ambito di realtà imprenditoriali appartenenti ai seguenti tre diversi settori: commercio, artigianato e agricoltura.

Se ne deduce, altresì, la possibilità per l’imprenditore di non essere obbligato alla iscrizione presso le Gestioni Previdenziali INPS, se utilizza nell’attività familiari che non svolgono  attività in modo prevalente o continuativo, ma solo collaborazione meramente occasionale nella conduzione dell’azienda, per un semplice obbligo di natura “morale” per il legame solidaristico ed affettivo del contesto familiare, quale vincolo coniugale, di parentela e affinità, precisando che devono intendersi collaborazioni occasionali di tipo gratuito, le prestazioni rese dai pensionati, parenti o affini dell’imprenditore entro il terzo grado, quarto grado per l’agricoltura, nonché quelle svolte dal familiare impiegato a tempo pieno presso altro datore di lavoro.

Tuttavia, per i collaboratori familiari che effettuano le proprie prestazioni in   maniera ricorrente, occorre la necessaria l’iscrizione all’INAIL, mentre, per le prestazioni “meramente accidentali” il Ministero del Lavoro ha ritenuto non obbligatoria neanche l’iscrizione all’INAIL.

Resta, comunque, obbligatorio il rispetto delle normative personali igienico sanitarie, come l’ex libretto sanitario nel caso di attività relative al settore alimentare.

 

 

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