Quesito: Sorvegliabilità locali di somministrazione alimenti e bevande.

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Quesito per passiamo: la risposta!
Risposta ai quesiti posti dai lettori

Domanda: Nell’ambito di un ristorante, la sala destinata ad attività di somministrazione alimenti e bevande risulta collegata, tramite finestra, con una corte privata condominiale ove sono presenti tre portoni di ingresso ad abitazioni private.

Sul retro, dove è dislocata la cucina, risulta esistente una porta che si affaccia su altra corte privata condominiale con altri due portoni quali ingressi ad altrettante unità abitative. Su un caso classico come questo si sviluppano due correnti di pensiero.

C’è chi ritiene che non sussistano problemi di sorvegliabilità in quanto una finestra non rappresenterebbe un accesso e la cucina non sarebbe luogo accessibile al pubblico, ma ai soli dipendenti dell’azienda e chi, invece, ritiene che alla finestra vadano installate grate o strutture similari atte ad impedire il collegamento con la corte privata e che la porta della cucina che si affaccia su altra corte privata vada neutralizzata, ad esempio saldando la serratura.

Gradiremmo sapere come la pensa Lei. Grazie e distinti saluti dalla P. M. di Grosseto

 

Risposta

Dalla descrizione del locale interessato, diciamo subito che si ritiene non sussistenti le condizioni di sorvegliabilità del locale, così come previsto dal D. M. 564/92, atteso che l’art. 1, comma 2, di detto Decreto stabilisce che nei locali adibiti alla somministrazione di alimenti e bevande “le porte o altri ingressi devono consentire l’accesso diretto dalla strada, piazza o altro luogo pubblico e non possono essere utilizzati per l’accesso ad abitazioni private”.

A tal proposito è di ausilio anche la sentenza 1° dicembre 2014, n. 5943, del Consiglio di Stato Sez. VI, relativa ad un locale di intrattenimento con somministrazione che aveva un’uscita aperta su un ambiente del condominio ove il locale era ubicato e per il quale il Comune di Bordighera aveva disposto la chiusura per mancanza dei requisiti di sorvegliabilità.  Il Consiglio di Stato confermava la chiusura dell’esercizio e condannava il ricorrente perché la struttura del locale era in contrasto con gli art. 1, 2 e 5 del D. M. 564/92.

Invero, il pubblico esercizio descritto nel quesito consente agli avventori, sia attraverso la finestra che la porta della cucina, di uscire sul retro del locale e di accedere in aree private, senza essere visibili dall’esterno ne dagli Agenti disposti sulla pubblica via.

Per quanto attiene alla struttura del locale, si ritiene che la finestra, forse, non essendo una porta non può consentire un accesso regolare, ma può rientrare, di certo, tra gli “altri ingressi” previsti dalla norma ed è sicuramente una via di fuga o di uscita dal locale consentendo all’avventore di sottrarsi ad eventuale controllo e/o di allontanarsi dall’esercizio in modo occultato.

Appare, invero, del tutto fuorviante ritenere che la finestra non è un “accesso” in senso strettamente letterale e, pertanto, non consentirebbe l’uscita dal locale; a parere dello scrivente tale termine deve essere inteso in senso lato, come vano che consente di entrare o uscire e, pertanto rientrerebbe tra altre tipologie di ingressi, ancorchè non ortodossi.

Analogo discorso per la porta della cucina, che è a tutti gli effetti un accesso al locale. Pur non essendo aperta al pubblico bisogna comunque convenire che in ogni modo può consentire l’uscita dal locale dal retro e l’allontanamento, aggirando in tal modo l’obbligo della sorvegliabilità esterna, magari eludendo anche eventuali controlli interni alla struttura.

Ciò posto, lo scrivente ritiene che porte e finestre, che consentono l’uscita in un cortile interno con accesso a strutture private, devono essere chiuse nel periodo di apertura al pubblico dell’esercizio così da impedire l’uscita degli avventori nell’area privata.

Si potrebbe evitare di arrivare alla saldatura della porta o della finestra, ma poiché non si può ritenere che la sola chiusura della finestra o della porta di accesso alla cucina siano sufficienti dovrà essere prescritto che tali accessi devono essere chiusi a chiave con grate o altre strutture fisse durante l’apertura al pubblico dell’esercizio e le chiavi devono essere detenute dal titolare o dal personale dipendente.

Qualora all’esito del sopraluogo tali porte dovessero risultare aperte o non chiuse a chiave, gli Agenti operanti dovranno segnalare la violazione delle prescrizioni impartite contestando la violazione dell’art. 9 Tulps con l’adozione, da parte del Suap, delle conseguenti sanzioni ai sensi del successivo art. 10.

Ricordo, a tal proposito, che l’autorizzazione o la Scia per l’apertura al pubblico di un esercizio di somministrazione alimenti e bevande sono equiparate a licenza di polizia ed hanno la funzione di autorizzazione ai sensi dell’art. 86 Tulps, come stabilito dall’art. 152, c. 2, Regolamento di esecuzione Tulps, con l’obbligo di osservare le disposizioni del Titolo I, capi III e IV del Tulps (artt. da 8 a 17 sexies).

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1 commento

  1. io non capisco una cosa se in un locale ci deve essere un ingresso ed un uscita per beccare un presunto ladro o mafioso che sia che a mio riguardo potrebbero rincorrerlo e beccarlo altrove.
    mi domando ma non ci interessa piu della incolumita’ del personale ?
    se in cucina si incendia qualcosa avanti alla porta ?
    se si incendia un frigo all ingresso del bar o ristorante che sia ?

    se il ladro o mafioso ha una pistola e sententosi alle strette comincia a sparare ?

    ma la tutela del personale ?
    che facciamo la buttiamo ne wc per catturare un delinquente ?
    magari uscito dal carcere un mese prima dopo aver avuto uno sconto della pena ?
    purtroppo in italia non c’ è nulla da meravigliarsi

    ma poi non capisco solo dove c e somministrazione ?
    perche in una cartoleria con uscita sul retro non puo scappare ?

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