Reflui provenienti da aziende vitivinicole. Acque reflue industriali o assimilate alle acque reflue domestiche?

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L’articolo 101, comma 7, d.lgs. 3 aprile 1992, n. 152, assimila alle acque reflue domestiche, sottraendole quindi all’eventuale disciplina sanzionatoria di rilievo penale, le seguenti acque reflue:

  1. provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura;
  2. provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame;
  3. provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarità funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall’attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;
  4. provenienti da impianti di acqua coltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e che si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1Kg per metro quadrato di specchio d’acqua o in cui venga utilizzata una portata d’acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo;
  5. aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale;
  6. provenienti da attività termali, fatte salve le discipline regionali di settore.

Un secondo riferimento normativo da considerare è il d.P.R. 19 ottobre 2011, n. 227, che stabilisce, all’articolo 2, l’assimilazione alle acque reflue domestiche per:

  1. le acque che prima di ogni trattamento depurativo presentano le caratteristiche qualitative e quantitative di cui alla tabella 1 dell’Allegato A;
  2. le acque reflue provenienti da insediamenti in cui si svolgono attività di produzione di beni e prestazione di servizi i cui scarichi terminali provengono esclusivamente da servizi igienici, cucine e mense;
  3. le acque reflue provenienti dalle categorie di attività elencate nella tabella 2 dell’Allegato A.

Si rilevi che tale ultima disposizione, si applica, però, solo in assenza di disciplina regionale;dunque, in via residuale, in mancanza di una specifica e diversa disciplina regionale.

Tanto premesso, si deve verificare, in primis, se una normativa regionale, alla luce dell’articolo 101, comma 7, lettera e), d.lgs. n. 152/2006,indichi le acque reflue provenienti da aziende vitivinicole tra quelle assimilate alle domestiche.

Nel caso scrutinato dalla Corte di cassazione, Sez. III, 3 novembre 2021, n. 39351, è stato ritenuto fuorviante il richiamo ai criteri di cui all’articolo 2 del d.P.R. n. 227/2011, operato dal teste, dipendente dell’ARPA, stante la vigenza di una disciplina regionale – L.R. Sicilia 15 maggio 1986, n. 27(articolo 7) – che espressamente individua le condizioni di assimilazione delle acque reflue industriali.

Diversamente, la Regione Siciliana prevede parametri indubbiamente più stringenti di quelli previsti dalla normativa nazionale che non consentono, per l’appunto, di ricondurre le acque prodotte dall’azienda alla categoria delle acque industriali assimilabili alle acque domestiche, per cui:

“Non può dubitarsi che nel caso di specie sia stata correttamente applicata la disciplina in tema di tutela delle acque, non solo alla stregua delle considerazioni ampie e condivisibili sviluppate nella sentenza impugnata, ma anche in virtù del rilievo, secondo cui grava sull’imputato l’onere della prova relativa alla sussistenza delle condizioni normative, che consentono l’applicabilità di deroghe al regime ordinario che, come nel caso in esame, richiede l’autorizzazione allo scarico pena la violazione dell’articolo 137, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152”.

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