Strada privata o ad uso pubblico: quando l’autorizzazione per l’occupazione fa la differenza per evitare lo sgombero

0
3295

Occupazione abusiva di suolo pubblico: la Polizia Municipale accerta la violazione e applica la relativa sanzione amministrativa prevista dal codice della strada o dal regolamento di Polizia Urbana, a seconda del caso specifico per occupazione con strutture amovibili, fioriere, tavoli da esterno in plastica ed ombrelloni in assenza della prescritta autorizzazione. Viene intimato il rispristino dello stato dei luoghi mediante sgombero dell’area abusivamente occupata.

Il trasgressore non ottempera all’ordine di sgombero e quindi il Comune adotta apposita ordinanza di sgombero di area di uso pubblico.

Si tratta davvero di area ad uso pubblico o la strada occupata è privata, e quindi legittimamente occupata dal titolare senza obbligo alcuno di richiedere autorizzazione al Comune?

Il TAR Calabria, con sentenza n. 992, del 30 settembre scorso ha precisato che la servitù di uso pubblico è una categoria diritti reali demaniali in re aliena prevista dall’articolo 825 del codice civile.

La peculiarità della categoria consiste nella mancanza di un fondo demaniale dominante, il che vale a distinguerla dalle c.d. servitù pubbliche.

La servitù di uso pubblico configura un diritto reale di godimento costituito su di un fondo privato, a vantaggio della collettività dei cittadini, per il conseguimento di fini di interesse pubblico corrispondenti a quelli cui sono finalizzati i beni demaniali (Cass., Sez. II, 20 giugno 1990, n. 6201).

Per poter considerare assoggettata ad uso pubblico una strada o un’area privata è necessario che ricorrano i seguenti presupposti:

– il passaggio esercitato iure servitutis pubblicae da una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad una comunità territoriale;

– la concreta idoneità della strada a soddisfare, anche per il collegamento alla via pubblica, esigenze di interesse generale;

– un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico.

La necessaria sussistenza di quest’ultimo requisito sta a significare che, ai fini della costituzione della servitù di uso pubblico, non è sufficiente il semplice uso di fatto da parte della collettività o una unilaterale manifestazione di volontà da parte della pubblica amministrazione, ma è necessario in ogni caso l’acquisto dell’uso nei modi previsti dall’ordinamento. Il che val quanto dire che l’uso collettivo deve essere protratto per il tempo necessario ad usucapire il relativo diritto ovvero deve trovare il suo fondamento in un provvedimento (cioè un titolo formale) o in una convenzione (intervenuta tra il proprietario del suolo e la Pubblica Amministrazione) o in un atto di ultima volontà o nel mero fatto della dicatio ad patriam, che ricorre quando il privato mette a disposizione della collettività un bene di sua proprietà.

La dicatio ad patriam, quale modo di costituzione della servitù di uso pubblico, consiste nel comportamento del proprietario che, quand’anche non intenzionalmente diretto a produrre tale effetto costitutivo, metta volontariamente, con carattere di continuità, un proprio bene a disposizione della collettività, assoggettandolo al correlativo uso, che ne perfeziona l’esistenza, senza che occorra un congruo periodo di tempo o un atto negoziale o ablatorio, al fine di soddisfare un’esigenza comune ai membri di tale collettività uti cives, indipendentemente dai motivi per i quali detto comportamento venga tenuto, dalla sua spontaneità o meno e dallo spirito che lo anima.

Una strada sulla quale sono stati effettuati interventi ed opere destinate all’uso della collettività, come l’asfalto stradale, illuminazione pubblica, tubazioni relative all’installazione di metano, acqua, gasolio e sulla quale insiste una canalizzazione di cavi telefonici, ove vi è sempre stato l’uso pubblico, pacifico e costante nel tempo di persone e mezzi, consentendo  non solo l’accesso agli immobili di titolarità degli intervenienti, ma anche alla collettività generalizzata, variamente interessata alle attività imprenditoriali e professionali ivi variamente esercitate, e rientrando nella toponomastica del Comune con l’apposizione di numeri civici e con le opere della Pubblica Amministrazione non può che essere una strada pubblica o comunque ad uso pubblico, soggetta ad autorizzazione del Comune in caso di occupazione da parte di privato. Legittima, quindi, l’ordinanza di sgombero.

 

Pubblicità

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui