Ubriachezza manifesta, labirintite, lonfi e minolli.

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Molti ricorderanno il minollo, animale mitologico reso celebre da Massimo Troisi. Pochi però conoscono un altro animale altrettanto mitologico celebrato da Fosco Maraini: il lonfo, che non vaterca né gluisce e molto raramente barigatta.

Ma tutto questo è niente rispetto alla teoria secondo cui la labirintite impedisca movimenti lineari e articolazione di frasi coerenti. O meglio, come può confondersi la labirintite con i sintomi dell’ubriachezza molesta quali impossibilità di mantenere la posizione eretta senza appoggio, voce impastata e quasi incomprensibile, forte odore di alcol, occhi lucidi e volto congestionato.

Vero è che la labirintite è malattia che può pregiudicare la stazione eretta e che la certificazione medica dà conto di una sindrome vertiginosa con cambiamenti di postura da circa un mese. Ma è altrettanto vero che la labirintite non provoca tutti gli altri sintomi la cui presenza è stata verificata nel caso di specie (l’odore di alcol, l’incapacità di articolare frasi, il volto congestionato e gli occhi lucidi).

Ora, in disparte tutti i motivi di ilarità che pure sono più che legittimi, corre l’obbligo far presente che tutto questo che andiamo raccontando è avvenuto all’interno di un Comando di Polizia Municipale.

Più precisamente, un Agente di Polizia Municipale viene trovata in evidente stato di ubriachezza all’interno dell’Ufficio e, quindi, il suo superiore le contesta l’art. 688 c.p. (manifesta ubriachezza in luogo pubblico). Invece di finirla lì, parte il ricorso al Giudice di Pace (che dà ragione alla ricorrente), per passare all’appello in Tribunale (che ribalta la decisione di primo grado), per finire  addirittura fino in Cassazione (Cass. civ., sez. VI-2, 11/02/2016, n. 2715).

A tale proposito la S.C., oltre a statuire quanto sopra, afferma che il richiamo operato dalla ricorrente che invoca l’inapplicabilità della norma incriminatrice (il fatto sarebbe avvenuto all’interno di un comando di polizia municipale, e, più in particolare, all’interno del corpo di guardia, in orario di chiusura al pubblico ed, in quanto tale non  luogo pubblico), oltre ad essere stato censurato (il Comando di Polizia Municipale è un luogo pubblico), suscita ancora più perplessità perché proprio perché avvenuto all’interno del Comando di Polizia Municipale.

Due considerazioni finali. La prima. Era proprio necessario contestare la ubriachezza manifesta e non piuttosto avviare un procedimento disciplinare ad un pubblico dipendente che sul posto di lavoro assume un comportamento ampiamente censurabile. La seconda. Per contrastare l’evidenza dei fatti era proprio necessario scomodare patologie che nulla hanno a che fare con i sintomi tipici dell’ubriachezza e scadere, poi, nel ridicolo.

E allora, meglio, molto meglio la metasemantica del lonfo che, notoriamente, bete, zugghia e fonca nei trombazzi.

 

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