Violazione direttamente percepita dall’agente

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I giudici della sesta sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 7217 del  13 marzo 2019 hanno affermato che il verbale che reca la descrizione di una violazione direttamente percepita dall’agente riveste fede privilegiata.

IL CASO

Una società, intestataria di veicolo, ed il conducente dello stesso  propongono opposizione davanti al Giudice di Pace avverso due verbali emessi dalla Polizia Municipale di Roma, con i quali erano state rispettivamente contestate la violazione per circolazione contra legem all’interno della zona Z.T.L. e per avere percorso, a marcia indietro, un tratto di strada in senso opposto a quello consentito. Il giudice di prime cure respinge l’opposizione e il Tribunale, davanti al quale era stata avanzata impugnazione, limitatamente  all’elevazione della contestazione per la violazione della marzia indietro in senso opposto a quello di marcia, denunziando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2700, codice civile, e art. 201, codice della strada  nonché omesso esame di un fatto controverso e decisivo, nella considerazione dell’illegittimità del verbale di contestazione, tanto da fargli perdere il suo valore di prova privilegiata, poiché dal posto ove si trovavano gli agenti accertatori non era possibile avere la percezione visiva degli utenti della strada provenienti da strada confluente e di chi, pertanto, in retromarcia tentava di immettersi nella rampa di altra strada anche questa confluente parimenti rigettava l’impugnazione. Anchge avverso questa decisione il trasgressore ricorreva per cassazione.

LA DECISIONE

Gli Ermellini rigettano il ricorso in quanto precisano che la  Corte ha avuto modo di precisare, a sezioni unite, che nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione relativo al pagamento di una sanzione amministrativa è ammessa la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale o rispetto alle quali l’atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile contraddittorietà oggettiva, mentre è riservata al giudizio di querela di falso, nel quale non sussistono limiti di prova e che è diretto anche a verificare la correttezza dell’operato del pubblico ufficiale, la proposizione e l’esame di ogni questione concernente l’alterazione nel verbale, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti e dell’effettivo svolgersi dei fatti. La Corte nel caso de quo ritiene che manca l’oggettività della pretesa contraddizione, cioè la presenza di un contrasto irrisolvibile secondo logica, rinvenibile all’interno dell’esposto nella verbalizzazione o tra più verbalizzazioni, avendo, invece, la società ricorrente evidenziato un contrasto, a suo parere non riducibile, tra quanto attestato e quanto congetturato soggettivamente a riguardo dei luoghi. Inoltre ritengono i giudici che la tesi proposta, non solo sfugge a qualunque verifica di legittimità, ma, ancor prima al vaglio di merito, evocando una situazione dei luoghi, includente la constatazione del preciso posizionamento degli accertatori in relazione al veicolo in movimento, le capacità visive di costoro, la presenza o meno di ostacoli, che non potrebbe mai essere fonte di una irrisolvibile oggettiva contraddittorietà, in quanto, a dar fede per comodità espositiva all’asserto del ricorso, l’impossibilità della visione risulta indissolubilmente dipendente dal fatto che gli osservatori, come birilli immobili, non abbiano neppure avanzato di qualche passo, così precludendosi la visione del mezzo in movimento, che non era certo immaginato, stante che la stessa parte ricorrente aveva approntato una, invero, inaccettabile discolpa che confermava la retromarcia controsenso.

orte di Cassazione con la sentenza n. 7217 del  13 marzo 2019

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