Violazione ex art. 142 del codice della strada, grava sulla pubblica amministrazione l’onere di provare le ragioni di fatto e di diritto della propria pretesa sanzionatoria.

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Violazione ex art. 142 del codice della strada: un automobilista  riceve una sanzione amministrativa pecuniaria con conseguente decurtazione di 3 punti dalla patente di guida per avere superato i limiti massimi di velocità su un tratto autostradale. Il soggetto impugna il relativo verbale di accertamento, redatto con sistemi meccanizzati, costituendosi in giudizio, a differenza della Prefettura che peraltro non deposita gli atti di accertamento, contestazione e notificazione della violazione. La pubblica amministrazione, anche se convenuta in giudizio, resta parte attrice onerata della dimostrazione dei fondamenti dell’azione esercitata. In ambito di obbligazioni derivanti da contravvenzioni stradali, grava sulla pubblica amministrazione  l’onere di provare le ragioni di fatto e di diritto della propria pretesa sanzionatoria.

Giudice di Pace di Salerno, 13 aprile 2015

IL FATTO Con ricorso un automobilista proponeva opposizione avverso il verbale di accertamento con il quale veniva contestato alla parte ricorrente la violazione dell’art. 142, comma 8 ovvero di aver superato di oltre 10 Km/h e di non oltre 40 km/h i limiti massimi di velocità sul tratto autostradale A3 NA-SA.
In particolare parte ricorrente eccepiva tra l’altro l’inesistenza della violazione contestata e la nullità dell’accertamento riservandosi ogni controdeduzione in seguito al deposito dei rilievi fotografici.
Il giudice fissava l’udienza di comparizione ed alla stessa non compariva e non si costituiva la parte resistente la quale, peraltro, non ottemperava all’ordine disposto in decreto di effettuare nei termini il deposito degli atti relativi all’accertamento nonché alla contestazione e notificazione della violazione; all’udienza in presenza di parte ricorrente ed in assenza di parte resistente si procedeva  alla trattazione della causa ed all’esito, veniva pronunciata sentenza mediante lettura del dispositivo.

LA DECISIONE DEL GIUDICE L’opposizione è fondata e va accolta con ogni conseguenza di legge.

Preliminarmente si osserva che il soggetto che propone opposizione contro verbale e/o ordinanza-ingiunzione irrogativa di sanzione amministrativa pecuniaria, mentre ha l’onere di eccepire i vizi del provvedimento non rilevabili d’ufficio, quale la mancanza della preventiva contestazione, non ha anche l’onere di porre in essere in atto, al fine di fornire la prova del vizio fatto valere, un’attività’ processuale diretta all’acquisizione di quegli stessi documenti, quali la copia del rapporto e gli atti relativi all’accertamento della violazione e alla sua contestazione immediata o mediante notificazione, che l’autorità’ che ha emesso il provvedimento ha il dovere – onere (indipendentemente dalla sua costituzione in giudizio) di allegare al processo, a seguito del relativo ordine impartito dal Giudice con il decreto di fissazione dell’udienza di comparizione, a norma dell’art. 23, comma secondo, della legge n. 689 del 1981.
D’altra parte, specie nelle ipotesi in cui l’opponente può dimostrare le proprie eccezioni solo sulla base degli atti suddetti, la loro mancata produzione da parte dell’autorità’ opposta non può non costituire un decisivo elemento di giudizio, idoneo a suffragare presuntivamente la sussistenza del fatto sul quale l’opponente ha fondato l’eccezione. In proposito, questo Magistrato osserva che l’art. 201 del codice della strada – Notificazione delle violazioni -, tra l’altro, prescrive che, qualora la violazione non possa essere immediatamente contestata, come nella fattispecie, il verbale con gli estremi <> della violazione venga notificato all’effettivo trasgressore. Sulle modalità e contenuti di tale procedimento, statuisce, poi l’art. 383 – Contestazione, Verbale di accertamento -, del Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada al quarto comma.
La normativa statuisce minuziosamente quale deve essere il contenuto dell’accertamento e degli atti, anche quelli meccanizzati, notificati al trasgressore, quando non è stata contestata immediatamente la violazione.
Il Legislatore ha scelto tale particolareggiata previsione, in ossequio a principi costituzionalmente garantiti, come quelli del buon andamento della pubblica Amministrazione (art. 97 Cost.), ed il diritto alla difesa (art. 24 Cost.), ma anche e soprattutto, ossequiando quello che è un generale principio di trasparenza degli atti.
Nella specie, siamo di fronte al caso classico dell’atto redatto con sistemi meccanizzati. L’elaborazione meccanografica del processo verbale di contravvenzione, recapitata al trasgressore, deve rispondere, come detto, alla previsione dell’art. 385 del regolamento di esecuzione e di attuazione al nuovo codice della strada.
La norma richiamata, al terzo comma, contempla l’ipotesi dell’invio al trasgressore anche di una elaborazione meccanizzata del verbale di contravvenzione, nel caso di mancata contestazione immediata.
Tuttavia, tale elaborazione meccanica, deve presupporre il processo verbale in originale che deve essere depositato in giudizio dalla Pubblica Amministrazione, al fine di verificarne la rispondenza a quello meccanizzato ed inviato al trasgressore e permettere il sindacato giurisdizionale sul processo logico fondante l’accertamento.
La struttura processuale del giudizio di impugnazione delle sanzioni amministrative deve ritenersi improntata in via analogica al modello dell’opposizione a decreto ingiuntivo.
La Pubblica Amministrazione, sebbene rivesta la figura formale di parte convenuta, conserva quella sostanziale di attrice; pertanto, è gravata dell’onere probatorio di dimostrare le ragioni di fatto e di diritto della propria pretesa sanzionatoria.
Nell’ambito dei procedimenti disciplinati dalla legge n. 689/1981, è onere dell’Ente amministrativo che provvede all’erogazione della sanzione, dimostrare l’inosservanza delle disposizioni legislative, nonché la sussistenza degli elementi determinanti la violazione contestata.
Pertanto, il mancato deposito di copia conforme da parte della Pubblica Amministrazione convenuta della documentazione relativa agli accertamenti e alle contestazioni dalla stessa svolte, comporta l’impossibilità di effettuare una compiuta verifica sulla correttezza dell’operato dell’amministrazione stessa, con conseguente accoglimento delle pretese del ricorrente. Nel caso in esame deve rilevarsi che la pubblica amministrazione  resistente NON si è costituita in giudizio.
Invero l’art.416 c.p.c. applicabile al giudizio, dispone che “il convenuto deve costituirsi almeno dieci giorni prima della udienza mediante deposito in cancelleria di una memoria difensiva, nella quale devono essere proposte, a pena di decadenza, le eventuali domande in via riconvenzionale e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio.
Nella stessa memoria il convenuto deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda, proporre tutte le sue difese in fatto e in diritto ed indicare specificamente, a pena di decadenza, i mezzi di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti che deve contestualmente depositare.
Secondo l’opinione prevalente in dottrina, il convenuto ha la possibilità di costituirsi fino alla prima udienza nonostante la perentorietà del termine di costituzione.
La perentorietà comunque esplica i suoi effetti relativamente alle preclusioni in ordine alle domande riconvenzionali, eccezioni processuali e di merito non rilevabili, mezzi di prova, documenti del convenuto.
Infatti, nel caso di una sua costituzione tardiva, il convenuto potrà esercitare la sua attività difensiva nell’ambito delle allegazioni e delle prove prodotte dall’attore.
Per effetto della tardiva costituzione, in ossequio a quanto sancito dalle Sezioni Unite per i fatti costitutivi del diritto, affermati dall’attore e non contestati specificamente dal convenuto, scatta un effetto vincolante per il giudice che dovrà astenersi da qualsiasi controllo probatorio del fatto non contestato e dovrà ritenerlo per ciò solo sussistente.
La resistente non ha, dunque, adempiuto all’onere di dimostrare compiutamente l’esistenza dei fatti costitutivi dell’illecito contestato. Infatti, l’Amministrazione non ha esibito né prodotto in copia conforme le fotografie relative all’infrazione, né ha dimostrato la presenza di cartelli stradali indicanti una diversa velocità o di segnalazione della presenza di sistemi di rilevamento automatici della velocità.
Per cui, ritenendo questo Giudice che tali elementi costituiscano presupposti essenziali e fonti di prova indefettibile ai fini dell’ accertamento dell’infrazione, non può di certo riconoscersi l’attendibilità dello stesso accertamento con la ovvia conseguenza dell’annullamento del verbale. Con riguardo alle modalità di sviluppo della documentazione fotografica e alla sua documentazione, la Corte di Cassazione ha già avuto modo di chiarire (cfr. sentenza n. 2952/1998 e sentenza 7 novembre 2003 n. 16713 ) che il momento decisivo dell’accertamento è costituito dal rilievo fotografico, cui deve, necessariamente, presenziare uno dei soggetti ai quali l’art. 12 del codice della strada demanda l’espletamento dei servizi di Polizia stradale, e che non può essere effettuato, in via esclusiva, da soggetti privati.
La fonte principale di prova delle risultanze dello strumento elettronico è, pertanto, costituita dal negativo della fotografia, documento che individua con certezza il veicolo e ne consente il riferimento alle circostanze di fatto, di tempo e di luogo indicate. Non va sottaciuto infine che il decreto di omologa del sistema SIcav utilizzato per il rilevamento precisa che il tratto di strada monitorato per l’accertamento dell’infrazione deve essere assoggettato per tutta la lunghezza alla stessa limitazione di velocità e che tra le sezioni per i rilevamenti non vi devono essere immissioni od uscite e nemmeno aree di servizio o di parcheggio. (Cfr. decreto omologazione Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti prot.n. 3999 del 24.12.2004 ed il parere n. 71, reso nell’adunanza del 28 aprile 2004, dalla V^ Sezione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici).
Infine, si osserva che l’art.345 comma primo e quarto del Regolamento di Attuazione dispone che le apparecchiature destinate a controllare l’osservanza dei limiti di velocità devono essere costruite in modo da raggiungere detto scopo fissando la velocità del veicolo in un dato momento in modo chiaro ed accertabile, tutelando la riservatezza dell’utente e che “per l’accertamento delle violazioni ai limiti di velocità, le apparecchiature di cui al comma primo ,devono essere gestite direttamente dagli organi di polizia stradale cui all’articolo 12 del Codice, e devono essere nella disponibilità degli stessi.
La resistente non ha fornito prova nemmeno di tali circostanze.
In definitiva, poiché parte resistente, su cui incombe l’onere della prova, con il suo negativo comportamento processuale non ha sufficientemente provato la piena fondatezza della pretesa sanzionatoria, si ritiene che nella fattispecie ricorrano i presupposti di cui all’art.7 comma decimo decreto legislativo 1.9.2011 n.150 (già art.23 legge n.689/81) per annullare il verbale impugnato.
Il Giudice di Pace di Salerno, definitivamente pronunciando sull’opposizione proposta nei confronti di Prefettura di Salerno così provvede: accoglie il ricorso ed annulla il provvedimento impugnato.

Mimmo Carola

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